Ci ha provato fino alla fine, il Palermo, e questo gli va riconosciuto. E ci ha provato fino all’ultimo anche Corini, che nel tentativo di aumentare la densità in attacco ha inserito un’altra punta (Vido, per l’appunto) al posto di un terzino (Elia, che aveva arretrato la propria posizione da qualche minuto) per passare ad una sorta di 3-4-3, da leggere come 3-4-1-2 o 3-4-2-1 a seconda della posizione di Vido e Soleri in appoggio a Brunori. Tre punte vere e proprie, con esterni offensivi come Di Mariano e Valente a spingere sulle fasce, lasciando Damiani e Segre a fare da filtro ad una difesa inedita, con Nedelcearu in mezzo, Sala a sinistra e Mateju a destra.
Il ceco è stato l’emblema del continuo cambiamento tattico vissuto dalla squadra in questa partita: prima terzino sinistro, poi al rientro dall’intervallo terzino destro, poi centrale nella linea a quattro e infine terzo di destra nella difesa a tre. Tante modifiche in corso d’opera, nessuna delle quali ha però, prodotto risultati.
Il Palermo è parso confuso e lì davanti ha palesato i soliti problemi di lucidità, che sono probabilmente la causa principale di questo periodo negativo. Ma in una partita del genere, quel che salta più all’occhio, e l’accantonamento del tridente. Quello che era stato confermato e difeso anche dopo la sconfitta di Reggio Calabria.