Protagonista odierno in conferenza stampa Dario Saric che ha rilasciato le seguenti parole nel corso della sua presentazione:
«È stata una trattativa lunga, ci sono dinamiche e accordi molto lunghi, soprattutto se ci sono più squadre. E per un giocatore è più difficile tenersi in forma e allenarsi. Al momento sto cercando di recuperare, anche con lavori più lunghi e stiamo dando il massimo con lo staff per entrare in forma in breve tempo. Per me è un orgoglio che il Palermo mi abbia scelto, tra tanti altri profili: questo mi da una carica maggiore per migliorare. Se un gruppo del genere ha visto qualcosa in me, devo solo dire grazie al Palermo e al City Group. Esordio al Barbera? L’impatto con la realtà di qui è stato incredibile. Quando mi hanno parlato di Palermo mi sono ricordato dello stadio e quando sono arrivato qui la prima cosa che ho detto è stata “non vedo l’ora di giocare al Barbera”. Con Corini non ci conoscevamo, ma mi sono unito tranquillamente nel piano tattico. Gol? Ho più curato sempre fase difensiva e corsa, ma anche quelli sono importanti e ci devo lavorare, non è la mia caratteristica naturale. Sono venuto qua perché voglio raggiungere l’obiettivo che Palermo merita, cioè la Serie A. Penso di rimanere qui per anni e raggiungere quell’obiettivo. C’erano altre squadre e trattative, ma la voglia che ho sentito da parte della società e dei tifosi sono state decisive, e quindi ho voluto concludere la trattativa in tempi brevi e venire qui. Ascoli? La vivevo senza pensare troppo alla trattativa, si fa fatica ad affrontarle. Ma se non dipende da te, puoi farci poco e aspettare ulteriori sviluppi».
«La società mi ha fatto capire che mi voleva e tutti mi hanno detto di venire a Palermo, poi i tempi non sono dipesi da me. Il mio ruolo naturale è quello di mezzala destra o sinistra ma posso fare anche il trequartista e posso giocare anche in un centrocampo a due. Con le mie caratteristiche cerco di fare tutti i ruoli che mi chiedono. Il centrocampo è di livello, con giocatori importanti, mi sto trovando bene. La concorrenza stimola e serve per alzare il livello. Avere un centrocampo forte è la base per una squadra competitiva. La storia della mia famiglia è particolare, condizionata dalla guerra degli anni ’90. Siamo arrivati in Italia nel ’94 in seguito al ferimento di mio padre. La situazione è stata difficile e sono legato alla Bosnia, mi sento bosniaco anche se sono nato in Italia. Il sentimento di andare con la nazionale bosniaca c’è, lavoro per questo. Non ho avuto ancora l’onore ma spero che in futuro arriverà. Jajalo? Gli ho chiesto la maglietta quando ci ho giocato contro quattro anni fa, ero al Carpi. Per me era una cosa importante».