In una lunga intervista rilasciata a “TMW” Alexandros Tzorvas ex portiere del Palermo ha raccontato quella che adesso è la sua nuova vita con il calcio ormai alle spalle.
Ecco qualche estratto delle sue parole:
Dal pallone all’olio e al vino. Come è nata l’idea? «Tutto è iniziato sei anni fa, quando ho piantato i miei primi alberi d’ulivo, era una cosa che avevo fatto per passare il tempo una volta appesi i guantoni al chiodo. Qualcosa è scattato nella mia testa quando ho iniziato a vederli crescere e ho deciso di continuare. Ho iniziato a piantarne sempre più e ho esteso il mio interesse alle viti. Cambio radicale? Se ci pensi il calciatore spende la sua carriera sempre fuori, all’aperto. Che ci sia il sole, la pioggia, la neve, il gelo. E quando la tua vita è quella non puoi stare chiuso dentro, almeno non è il mio caso. Mi impegno molto in questo nuovo lavoro, anche fino a 15 ore al giorno. È un lavoro duro ma mi fa stare bene, mi sento libero. Sento di aver trovato un bell’equilibrio nella mia vita. E fortunatamente con esso passo molto del mio tempo fuori con i miei figli ed è una cosa molto bella. Faccio la spola tra Atene, dove vivo e dove ho anche i miei appuntamenti di lavoro, e Monemvasia, nel Peloponneso, dove ho i miei terreni. Diciamo che non mi annoio di certo”.
«Se guardo il calcio almeno in tv? Non guardo praticamente la TV. Cerco di passare il tempo in altri modi, ad esempio leggendo e aggiornandomi sulle questioni legate all’olio, al vino ma anche alla medicina. Mi piace studiare, non restare indietro. Resto un fan del Panathinaikos, ho anche un tatuaggio della mia squadra del cuore. Del resto questo club mi è rimasto dentro, avendo iniziato a 9 anni ed essendomene andato a 29. Mi manca l’atmosfera dello stadio, il tifo. Ma onestamente ero stanco. Ho smesso 33 anni, presto per un portiere ma non avevo più motivo di giocare. E con due bambini piccoli non avevo voglia di stare lontano da casa. Quindi ho preso la mia decisione. Palermo? Ho tanti amici a Palermo, comunico con loro. A Genova è stato differente, avevamo già un figlio e mia moglie era incinta del secondo e abbiamo speso molto tempo a casa. Mi ritengo fortunato perché a Genova ho lavorato con Gianluca Spinelli, a mio avviso il miglior preparatore di portieri al mondo. Ti dirò: se potessi tornare indietro col tempo mi sarei trasferito in Italia molto prima, direi a 15 anni, in modo da poter acquisire immediatamente la mentalità giusta per competere ai massimi livelli».