Palermo. Progetti e sogni dei colossi del City. Ficarra: «Siamo entrati nel loro grande harem speriamo di diventare la favorita»
L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul nuovo Palermo targato City Group riportando le parole dell’attore e conduttore palermitano Salvo Ficarra.
Salvo Ficarra in questi giorni è impegnato sul set, ma non si è perso nulla della nuova era della sua squadra del cuore iniziata con lo sbarco degli uomini del City a Palermo.
Ficarra qual è la sua impressione dopo la presentazione? «L’impressione è ottima. Stiamo parlando di una grandissima realtà. Di persone che fanno calcio ad altissimo livello e che nel calcio hanno fatto grandi cose».
Tre anni fa, di questi tempi, in una intervista con Repubblica lei aveva fatto il suo endorsment nei confronti di Mirri. «Mirri ha centrato il suo quarto obiettivo. Ha preso la squadra, ha ottenuto due promozioni e adesso ha venduto la società».
È la vittoria di Mirri? «Sicuramente, ma è anche la vittoria della città che ha dimostrato le sue potenzialità e ha dimostrato che a Palermo c’era posto per un presidente tifoso che, senza un dispendio di denaro strabiliante, è riuscito a ritrovare la strada e iniziare un nuovo cammino».
E adesso? «Adesso speriamo che i dirigenti del City Group possano vedere in noi, non tanto uno dei satelliti, ma un pianeta. Speriamo ci permettano autonomia di crescita».
Quindi, Palermo pianeta e non satellite? «Il bello del calcio è che permette ai tifosi del Palermo, così come lo ha fatto con quelli del Napoli piuttosto che della Samp o del Cagliari, di sognare lo scudetto. Questo significa trattarci da pianeta».
Sta già sognando lo scudetto? «No. Io sono un tifoso e per me basta vedere le maglie rosanero in campo. Io ero felice anche in serie D. Anzi, le dirò che quello che mi rendeva felice era vedere la sofferenza di Mirri, non perché gli voglia male ma perché so che da tifoso soffriva come me per il bene della squadra e non per altro».
Qualcosa che deve aver colpito anche gli uomini del City. «Si è riscoperta quella comunione di intenti e quel gusto di tifare per gli stessi colori che e appartiene più al mondo anglosassone. Io la vedo così. Io tifo per la mia squadra a prescindere dalla categoria. Il risultato è una variabile, ma la passione non si spegne. Io ero triste solo quando il Palermo non esisteva».
In molti però si sono riavvicinati al Palermo solo ai play-off. É un limite del palermitano o del tifoso in generale? «Vedere lo stadio pieno ai play-off è stato bellissimo. Per il resto non mi va di addossare colpe specifiche al palermitano. Siamo migliori di come ci rappresentano. Credo sia una cosa congenita al tifo. Tifo per chi vince perché voglio essere vincente. Sarebbe bello che la vittoria fosse già nella passione».
Cosa le è piaciuto di questa rinascita del nuovo Palermo? «Mi è piaciuto che da Palermo potesse rinascere qualcosa. Se avesse continuato Mirri per me andava bene lo stesso. Magari per andare in A ci avremmo messo cinque anni, ma, in fondo, quello che conta è il viaggio e il viaggio di Mirri è stato bellissimo».
Adesso tocca anche alla città? «Dobbiamo riempire lo stadio. Io ho sempre fatto abbonamento e invito gli altri a farlo. Da tre anni ho le tessere numero 3 e 4 e alla società consiglio di non cambiarmele perché ha portato bene. Invito anche i nuovi dirigenti a capire che il momento è economicamente difficile e servono prezzi più popolari».
Gli arabi tornano in Sicilia dopo mille anni. «Bisogna capire se se ne sono mai andati. Tante cose sono rimaste dentro di noi nella maniera di fare e vivere».
Che effetto le fa avere uno sceicco proprietario della squadra? «È un fatto culturale. Gli sceicchi nella loro cultura hanno la poligamia. E così come hanno tante mogli, hanno anche tante squadre. Noi siamo nell’harem. Speriamo di potere essere la favorita».
Non ha paura di perdere le sue radici identitarie? «No perché punto al 20% di Mirri. Sino a quando ci sarà lui mi sento tranquillo. Anzi, sino a quando ci saranno lui è il magazziniere Pasquale, quello sarà sempre il mio Palermo».