Chissà se si aspettava un esordio del genere a “San Siro” Oscar Hiljemark, quel giorno in cui apponeva la sua firma che lo legava al Palermo. Con la sua doppietta segnata ieri sera contro il Milan, quasi non stava per diventare l’eroe della serata per i rosanero. Un grande Bacca e qualche disattenzione di troppo dietro, invece, hanno voluto che le due reti messe a segno dallo svedese siano rimaste, per certi versi fine a se stesse.
Tre gol in quattro partite “italiane”, di cui due dal primo minuto: 194 minuti disputati ed una media realizzativa di un gol ogni 65 minuti. Uno score che anche i vari Messi e Cristiano Ronaldo gli potrebbero invidiare, uno score da vero attaccante. Ma siamo solo alla 4^ giornata di campionato e si sa, ad inizio stagione tutto è possibile. E’ un dato di fatto, però, che le tre marcature di Oscar, sommate alla rete di Rigoni siglata ad Udine e al gol nel finale di El Kaoutari che ha regalato la vittoria alla “prima” contro il Genoa, fa in totale cinque segnature su sei totali in campionato arrivate da ruoli diversi da quelli dell’attacco (solo Djurdjevic è al momento l’unico attaccante a conoscere il sapore del gol). Sì, perché scherzi a parte, in Hiljemark di attaccante c’è solamente il computo delle reti messe a segno ed il numero di maglia portato sulle spalle. Lui, come Rigoni, è solamente una mezzala, un centrocampista. E va bene i bottini da “bomber”, va bene i gol segnati da veri predatori d’area di rigore (due reti di testa, un tap in vincente e l’uno-due con Gilardino che ha messo il classe ’92 davanti alla porta), ma Oscar e Luca resteranno sempre dei semplici mediani. E non che questo sia un difetto. Non lo è nemmeno il fatto che anche loro vadano a segno. Anzi, tutto il contrario perché se i gol arrivano dalle loro iniziative vuol dire che il mister ha fatto un buon lavoro sui loro inserimenti. E’ quel sempre che preoccupa. Perché non sempre, appunto, i vari Rigoni, Hiljemark e co. potranno trovare la via della rete, perché in fin dei conti non sono attaccanti, appunto. La dipendenza, per certi versi, dalle loro reti può diventare alla lunga preoccupante. Quello che era un pregio di questo Palermo, ovvero la spiccata vena realizzativa dei suoi centrocampisti, allo stesso tempo può diventare il più grosso handicap.
In una partita e mezza disputata da Gilardino un solo tiro verso la porta (ed un assist vincente, per essere esaustivi), in una partita ed uno spezzone di gara giocato da Djurdjevic un gol, probabilmente nell’unica vera azione che gli si è presentata. Per tutti gli altri attaccanti, quelli che lo fanno di mestiere ovvero Vazquez, Trajkovski e Quaison (inseriamo anche lui) un paio di azioni sparse qua e là ed una traversa (colpita, neanche a dirlo, dal Mudo). Troppo poco dopo quattro giornate di campionato. E per certi versi non è una loro colpa. Perché finché il Palermo giocherà come ha giocato in questo avvio di stagione, sulla stessa scia del gioco fatta vedere nell’ultimo biennio, Gila, Uros e tutte le punte pure non troveranno mai la via della rete. Troppe volte spalle alla porta, troppo pochi i palloni giocabili gettati in area, troppe sponde. Il Palermo non è più abituato a giocare con il centravanti, da troppi anni. Negli ultimi due anni Vazquez e Dybala sono stati i padroni dell’attacco, nell’anno della retrocessione i rosanero si affidarono ad una giovanissima Joya, ad Hernandez e a Miccoli, non proprio un gigante. Per ritrovare una punta di peso dobbiamo tornare indietro alla stagione 2011/12, dove ad alternarsi titolari assieme allo stesso Romario del Salento e all’uruguaiano c’erano Pinilla (andato via a gennaio) e Budan. E’ passato troppo, il Palermo ha dimenticato cosa significa avere un attaccante di questo tipo nel proprio undici titolare. Ma deve ricordarselo, perché non c’è altra alternativa. Perché i centrocampisti non segneranno per sempre, perché quello di fare gol è un compito di tutti ma prettamente degli attaccanti. E allora è arrivato il momento di metterli a proprio agio, perché fino ad ora è stato fatto tutto il contrario. Gilardino non è Dybala, Djurdjevic non è Miccoli, è evidente soltanto ai nostri occhi?