L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla vicenda legata ai presidenti di seggio denunciati per essersi dati malati per assistere a Palermo-Padova.
Quanti ammalati nei giorni delle ultime elezioni amministrative. Stando ai certificati medici presentati al Comune di Palermo, un’epidemia che colpì soprattutto presidenti e scrutatori: com’è noto, 174 diedero forfait. Diventò ben presto un caso nazionale. Ma la malattia non doveva essere poi così grave, perché in 60 riuscirono ad andare allo stadio Renzo Barbera la sera del 12 giugno, per assistere alla partita col Padova che segnò il passaggio del Palermo in serie B.
Questo hanno scoperto gli investigatori della Digos, che hanno inviato una dettagliata informativa alla procura. Dopo una serie di verifiche, i poliziotti non hanno più alcun dubbio: quei malanni erano del tutto inesistenti, e i certificati puzzano di falso. Così, i presidenti tifo si rischiano adesso un’accusa di falso e di interruzione di pubblico servizio. Contestazioni che potrebbero portare nel registro degli indagati anche i medici che hanno attestato i malanni inesistenti.
L’inchiesta è tutt’altro che chiusa. I poliziotti stanno adesso verificando le assenze degli scrutatori. Qualcuno ha ammesso di avere avuto paura di fronte ad una consultazione che si presentava complessa da gestire, anche per la presenza dei referendum. Qualche altro ha insistito con il certificato medico: «Mi sono sentito male all’ultimo momento», ha sussurrato. Di sicuro, dietro l’assenza di massa non ci fu alcun complotto o regia. E non ci furono pressioni sui presidenti di seggio, come qualcuno aveva ipotizzato. Solo una smodata passione per il calcio. Non è escluso che nei prossimi giorni possano spuntare anche scrutatori tifosi. I poliziotti sono ancora al lavoro sulle liste dei palermitani che il 12 giugno si ritrovarono al Barbera. E pure sulle improbabili giustificazioni degli assenti. Qualcuno ha provato a mettere per iscritto che aveva mandato un’email certificata: «Non è arrivata perché il sito del Comune era stato hackerato».
In effetti, erano i giorni dell’attacco ai server del Comune. Ma non c’era alcun attacco di potenze straniere alla municipalità palermitana: quegli hacker volevano solo un riscatto. E, comunque, questa storia non ha nulla a che fare con le assenze di presidenti e scrutatori. Le giustificazioni sono soprattutto un elenco lunghissimo di patologie mediche. Difficile verificarle tutte, ma alcune davvero sembrano improbabili. Resta il caos di quei giorni, quando Comune e prefettura dovettero far fronte alle assenze nel giro di poche ore. Non si trovavano neanche sostituti. Ancora una volta causa partita. Alla fine scesero in campo funzionari e dirigenti comunali. In una corsa contro il tempo per aprire i seggi e consentire le votazioni. È già prevedibile come andrà a finire tutta questa storia dei malanni di inizio giugno a Palermo: l’unica vera malattia certificata era quella del calcio.