Palermo-Padova, Iachini: «I rosanero non falliranno. Adesso si può sognare»

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla finale di questa sera tra Palermo e Padova e lo fa riportando un’intervista a Beppe Iachini.

Beppe Iachini, l’ultima promozione porta la sua firma. Intanto, la città rivive un altro sogno. Non è la serie A, ma oggi potrebbe diventare il giorno della rinascita. «Ho visto la prima finale, il Palermo ha meritato e si è guadagnato un successo di misura che ora, al “Barbera”, vale come avesse segnato un gol in più».

Che voto dà alla squadra e a Baldini? «Nove, stanotte spero dieci. In C, non è facile. Baldini sta svolgendo un ottimo lavoro, la società ha assemblato un gruppo giunto ormai alle soglie del calcio che conta».

Brunori, la grande sorpresa. «Ha sfruttato la stagione giusta, si è scatenato. Ma il merito va anche ai compagni, a Floriano e Valente, a Soleri protagonisti di un campionato memorabile».

Che consiglia all’italo-brasiliano? «Trovata consacrazione in un posto del genere, sarebbe una follia andare via. Un po’ come fermare la propria crescita».

De Rose ricorda Iachini calciatore. «I mediani davanti alla difesa si assomigliano tutti ma mi è piaciuto anche Damiani. Sono stati bravi a pescarlo. A volte prendi giocatori che hanno diversi anni di B e poi il rendimento è uguale ai ragazzi convoglia di emergere e di esplodere».

Baldini? ,«Merita un elogio a parte. Ha trasferito ai suoi la mentalità vincente, li ha conquistati con la testa, prima che col pallone, entrando nei loro cuori. Lo capisco perché sono come lui. Ma spesso gli allenatori capaci, chissà perché, raccolgono meno di quanto meriterebbero…».

Parla come se il Palermo avesse già vinto. «Parlo per quello che mi è rimasto impresso. Il Padova non mi ha deluso. In certe partite, errori ed episodi possono risultare determinanti. In quelli della rete subita e dell’altra non realizzata per il salvataggio di Marconi, Oddo non ha avuto la fortuna dalla sua. Ma i rosa hanno gestito l’incontro senza sbavature e ora …».

Tutto esaurito al Barbera. «Già immagino di essere nel sottopassaggio: sarà una bolgia. Che piacere rivedere lo stadio dei miei tempi! Sono felice per la tifoseria, per l’immensa passione popolare, per il mio amico Silvio, per Brunori e compagni. Ma non dimentichiamo un proverbio: per giocare al lotto occorrono due persone, tu che scrivi e Cristo che detta i numeri. Onore quindi, a Mirri, Sagramola e Castagnini».

Come ricorda la sua Palermo? «Abitavo a Mondello ma ne frequentavo ogni angolo, dal centro ai rioni popolari. Prima da calciatore e poi da allenatore mi sono calato in maniera morbosa in questa città alla quale mi lega il fantastico ricordo della promozione in A e la valorizzazione di talenti come Dybala e Belotti. Non mi facevo mancare nulla: i venditori di polpo e frutti di mare, Mimmo, Poldo, i ristoranti caratteristici, i negozi di abbigliamento, la colazione da Caflisch».

Ventotto anni fa la sua prodezza di testa a Milano, in Coppa Italia, per la storica vittoria contro il Milan. «Uno dei più belli e significativi della mia carriera proprio ai rossoneri di Capello, freschi di scudetto e del trionfo in Champions. Come dimenticare?».

Altra stagione indelebile, il Palermo dei “picciotti”. «Una favola, con palermitani straordinari come Giacomino Tedesco, Vasari, Galeoto, Compagno, Assennato, Di Somma, Pisciotta e altri. Alla penultima d’andata eravamo primi in classifica; in Coppa Italia avevamo superato il Parma di Zola, Stoichkov e Pippo Inzaghi, il Vicenza di Guidolin e uscimmo con la Fiorentina di Ranieri, Batistuta e Rui Costa, dopo
sfide tiratissime».

A Firenze, tornava da eroe dopo cinque stagioni memorabili. «Mi accolsero con un applauso di cinque minuti, feci il giro del campo, mi fermai sotto ogni settore, la curva Fiesole cantava, salutavo e piangevo. Purtroppo perdemmo per un rigore discutibile, cui seguì un calo: a gennaio, mentre le altre si rinforzavano, noi non avevamo questa possibilità».

Perché andò via? «Una partenza dolorosa. Non mi rinnovarono il contratto, avevo 32 anni, mi aspettavo una riconferma ma per loro ero sul viale del tramonto. Invece, dopo Ravenna, passai al Venezia di Zamparini e con Novellino conquistammo la A».

L’impresa di otto anni fa, quasi un augurio per questa sera. «Le premesse non mancano. Quella galoppata resta una delle pagine più belle. L’avvio fu difficile, dopo l’esonero di Gattuso c’era ancora tanta tristezza per la retrocessione, l’entusiasmo si risvegliò col passare del tempo. Dybala e Belotti avevano vent’anni, reintegrai Vazquez. Trasformai Belotti in attaccante centrale. Avvicinai Dybala alla porta avversaria e diventò devastante, anche in A».

Era fuori rosa, dopo una settimana di allenamenti, parlai con Zamparini e gli dissi: “In attesa del mercato invernale, prima diamo la maglia a lui e poi completiamo l’organico (ride)».

Il suo rapporto con Zamparini, tenero e tempestoso. «Mi voleva bene come non potete immaginare, solo che il lunedì, quando le cose non andavano, se la prendeva con tutti. Teneva alta la tensione con le sue “bombe”, si preoccupava di ogni particolare».

Famose le sue telefonate. «Cominciava con “Beppe devi modificare il modulo e gli interpreti, altrimenti non si migliora”. Ridevo e lo stuzzicavo: “Allora, mi mandi via”. E lui: ma che cavolo ti mando via, sei un deficiente, non capisci niente”. Era il suo modo di volermi bene. Sono l’allenatore che ha resistito di più con lui e comunque mi sono dimesso».

In una intervista non autorizzata, lei ebbe parole di fuoco. «Il presidente si arrabbiò: “Io gli allenatori li caccio, non aspetto che diano le dimissioni”. Ero al terzo anno, avevamo idee diverse sui giocatori. Già era andato via Dybala, successivamente cedette Belotti senza avvisarmi. Battuto a stento il Chievo, il clima era teso e gli comunicai che preferivo andare a casa senza considerare il contratto».

Con Zamparini, l’epopea rosanero. «Con lui il Palermo entrò in Europa, conquistò una finale di Coppa Italia, ottenne i migliori piazzamenti in A, scoprì fior di campioni. Mi fa male pensare che nessuno gli abbia dato una mano. La sua vicenda doveva finire in gloria, non è stata solo colpa sua».

Chiudiamo gli occhi: stasera, ritorno in B e poi la A? «Piano, piano, ci vuole programmare e sposare un progetto ambizioso. La B va preparata con cura perché è diventata una specie di A2. Godiamoci questa serata. Inutile che mi chiediate per chi tifo. I rosa con questo pubblico, non possono sbagliare. E non sbaglieranno».

Il club nel mirino del City Group. «Non lo so, ha vissuto tanti passaggi alcuni rivelatisi fallimentari. Posso solo augurare di trovare la necessaria serenità e di vivere altri anni calcistici nel migliore dei modi evitando situazioni come quella dell’ultimo Zamparini».

Iachini, il prossimo anno contro il Palermo? «Ho avuto delle opportunità che sto vagliando. Nel frattempo giro: Inghilterra, Francia, Spagna. Per studiare e aggiornarmi».

Con il Parma non ha funzionato. «Non c’erano i presupposti per proseguire. Non voglio aggiungere altro».

Dopo il fallimento, il suo nome è stato accostato al club di Mirri. «Mai contattato. Palermo è stata per me una famiglia, un amore che non finisce, un giorno potrei tornare. Adesso, faccio il tifo per Baldini. Per prima cosa mi auguro che possano riuscire in questa avventura. Sarebbe come uscire dall’inferno, oltre che una bella soddisfazione come testimoniano i tifosi del Barbera e l’ennesimo sold out sugli spalti. Pensiamo a vincere questi play-off. Da domani si apriranno le porte del futuro».