L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma su alcune condanne per mafia a Palermo.
Stangata per il boss imprenditore. Francesco Paolo Maniscalco, un passato da rapinatore in grande stile e un presente da manager targato Cosa nostra con un patrimonio da 15 milioni di euro, è stato condannato a 11 anni e 4 mesi per associazione mafiosa e fittizia intestazione di beni. Era il personaggio principale dell’inchiesta condotta dalla Direzione distrettuale antimafia sul mondo delle scommesse online, uno degli affari, forse il principale assieme alla droga, gestiti da Cosa nostra. Investimenti milionari e in apparenza «puliti» dato che erano in mano a veri esperti del settore che in teoria non c’entravano nulla con la mafia.
E invece secondo l’accusa, rappresentata dal pm Dario Scaletta e dall’ex procuratore aggiunto Salvatore De Luca (oggi capo della Procura di Caltanissetta), ai mafiosi erano legati a doppio filo, tanto da gestire assieme le attività, avendo ottenuto peraltro regolari concessioni dai Monopoli. A carico di Maniscalco a cui due anni fa avevano sequestrato il patrimonio, (erano in parte riconducibili a lui le società Bet for Bet srl di via Pizzetti e Tierre Games srl con sede a Roma e il 25 per cento del ristorante Magna Roma di piazza Castelnuovo), adesso è scattata la confisca. Altre quattro le condanne decise ieri dal gup Elisabetta Stampacchia, e quattro le assoluzioni. Pene pesanti per Salvatore Rubino, che ha avuto 10 anni e Vincenzo Fiore, 9 anni. Loro sarebbero stati gli imprenditori soci occulti di Maniscalco, con il quale avevano avviato le agenzie, rispondevano di concorso esterno in associazione mafiosa e fittizia intestazione di beni con l’aggravante di mafia. Le altre due condanne riguardano Girolamo Di Marzo, 4 anni, e Christian Tortora, che ha avuto 4 anni e mezzo e pure loro erano accusati di fittizia intestazione. Assolti invece Giuseppe Rubino, il padre di Salvatore, e poi i fratelli Maurizio ed Elio Camilleri e Giovanni Castagnetta.
Erano difesi dagli avvocati Debora Speciale, Raffaele Bonsignore e Salvo Agrò. Il processo, celebrato in abbreviato, nasce da una indagine del nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza che sfociò in un maxi sequestro da 30 milioni di euro. Ieri il gup ha disposto la confisca di altre due società di scommesse online: Gaming management group con sede a Milano e la Gierre Games in provincia di Salerno, nonchè di una villa a Favignana di Salvatore Rubino.