Palermo, il figlio del boss Scintillone preparava la fuga: fermato con 3 complici. I nomi
La sua condanna a giorni sarebbe potuta diventare definitiva in Cassazione, perciò Salvatore Lauricella, figlio del boss del quartiere palermitano della Kalsa Antonio Lauricella, noto col soprannome di Scintillone, stava preparando la fuga. Un piano sventato dal blitz dei carabinieri che ha anche dato un nuovo colpo alla «famiglia» mafiosa di Villabate, paese in cui Lauricella vive, già pesantemente colpita dalle indagini dopo le rivelazioni del pentito Francesco Colletti, ex capomafia del piccolo centro alle porte di Palermo.
Su disposizione della Procura di Palermo, diretta dal procuratore Maurizio de Lucia, i militari del nucleo investigativo di Palermo oltre a Lauricella, hanno fermato altre tre persone. Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa ed estorsione. Dall’inchiesta è emerso che negli ultimi anni il clan si sarebbe riorganizzato potendo contare sul contributo degli uomini d’onore tornati in libertà dopo aver scontato le condanne.
Le indagini dei carabinieri che oggi hanno smantellato la cosca di Villabate e fermato il boss Salvatore Lauricella che stava per fuggire prima che la Cassazione rendesse definitiva la sua condanna, sono partite da accertamenti su alcune estorsioni nei confronti di imprenditori locali. Richieste di pizzo che servivano a soddisfare le esigenze di sostentamento degli affiliati, soprattutto di quelli in carcere.
I militari hanno scoperto che il clan tentava di riconquistare il consenso della popolazione con una «pacificazione» con gli imprenditori e i commercianti economicamente più fragili e il controllo della piccola criminalità e dello spaccio nel comune di Villabate.
L’operazione di oggi, che ha subìto un’accelerazione per il pericolo di fuga di Lauricella, dà un quadro in linea con altre recenti inchieste fatte nel capoluogo, ovvero quello di una “cosa nostra» per nulla rassegnata e sconfitta, ma impegnata, attraverso il continuo richiamo alle proprie «regole», a riorganizzare le proprie fila «per proporsi sul territorio con maggiore credibilità e autorevolezza», dicono gli inquirenti. Oltre a Lauricella sono finiti in carcere Francesco Terranova, Giovanni La Rosa e Vito Traina.