L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla maledizione delle finali spazzata via.
Questa promozione così inattesa (la 5ª dalla C alla B, più quella dalla C2 in C1 nel 1988) assume per la città anche il significato di una maledizione spezzata per una squadra che aveva la fama di “magnifica perdente”, capace di arrivare a un passo da imprese clamorose sfumate all’ultimo istante per un pelo.
Il Palermo ha perso tre finali di Coppa Italia in modo rocambolesco (2 da squadra di B, 1974 e 1979 con Bologna e Juventus, poi nel 2011 dall’Inter); uno “spareggio” per qualificarsi alla Champions con la Sampdoria nel 2009/10 (1-1 nel confronto diretto in casa giocato alla penultima giornata); la beffa di Frosinone nell’altra finale play off, stavolta per la A nel 2018, quella dei palloni lanciati in campo. Sempre fra applausi e lacrime (la Samp scrisse una lettera aperta complimentandosi per la civiltà di tifosi e città), ma comunque senza la soddisfazione del successo sportivo.
Baldini ha invertito la tendenza, pur insistendo sul concetto che il comportamento è più importante del risultato. Vero, ma una città spesso troppo abituata al fatalismo, si meritava anche un momento di gioia che arriva dallo sport. Stavolta il Palermo è arrivato alla finale e non è scivolato. Ed ha vinto.