Palermo-City Group tutto straordinario: ma che ruolo ha il calcio giocato?

L’1 luglio 2022 resterà per sempre una data scolpita nella storia del Palermo. Il club rosanero entra in una nuova era, divenendo parte di un colosso chiamato City Football Group.

Da quel giorno, tanto è cambiato per il Palermo: nuovi volti, nuovi capitali, ma soprattutto nuove speranze hanno investito la realtà rosanero. Ripensando a quell’1 luglio 2022, gli occhi di ogni singolo tifoso brillavano delle emozioni più intense che una passione possa smuovere. Un’intera città ha iniziato a sognare, puntando alle più alte vette possibili, con la speranza che in poco tempo le cose potessero davvero migliorare.

Molti cambiamenti sono stati positivi: la creazione di un centro sportivo (CFA), nuove partnership internazionali, strategie di comunicazione di primissimo livello e incontri con ambasciatori. “Abbiamo grandi progetti per Palermo”, esordiva Ferran Soriano nelle sue prime dichiarazioni. Progetti. Quelli che, a Palermo, non sono mai mancati fino a oggi.

Tutto sembra meravigliosamente bello. Tranne un aspetto cruciale: il calcio giocato. È deludente arrivare al terzo anno di gestione di un gruppo così grande e vedere ripetuti errori nelle scelte tecniche. Nei primi due anni di gestione CFG in Serie B, il club ha salutato il ds Leandro Rinaudo e ben due allenatori. Una chiara ammissione di responsabilità, nonostante l’obiettivo stagionale sia stato “centrato”. Con il nuovo anno di Serie B, è arrivato un tecnico indiscutibile per la categoria e un nuovo ds.

La scelta, però, è stata quella di confermare gran parte dell’ossatura della scorsa stagione. Ma allora perché mandare via Rinaudo? Con l’avanzare delle giornate di campionato, i problemi sembrano sempre gli stessi: poca qualità a centrocampo, poche idee, un Palermo che alterna prestazioni diverse tra primo e secondo tempo e persiste nei soliti punti deboli.

Con la stagione 2024/2025 in corso, non è il momento di trarre conclusioni definitive, ma è necessario fare delle riflessioni. Nell’ultima partita contro il Cittadella, persa 0-1 al Barbera, ben 7 giocatori su 11 erano già presenti nella rosa della scorsa stagione. Un dato significativo, soprattutto considerando il campionato mediocre appena concluso. Quest’anno il Palermo non può accontentarsi delle briciole e non può permettersi di raccogliere solo 5 punti in cinque gare disputate al Barbera. Numeri preoccupanti e sconcertanti.

Inoltre, al di là delle conferme di alcuni giocatori, la gestione della rosa appare poco chiara. Su cosa intende puntare il City Group? Non sembra voler valorizzare i giovani, con il solo Desplanches ora sicuro del posto, mentre Gomis è fuori dai giochi. Puntare su giocatori pronti per il salto di categoria? Tuttavia, molti di loro non hanno dimostrato nella scorsa stagione di avere la stoffa per fare questo salto, quindi perché insistere?

E poi c’è la questione Brunori, gestita in modo che lascia a desiderare. Prima mostra interesse a lasciare, poi resta dopo aver chiarito con i tifosi, ma viene trattato come una seconda scelta, come se i suoi 34 gol nelle ultime due stagioni di Serie B non contassero più per un club che aspira a dominare il campionato.

La speranza è che qualcosa si sblocchi definitivamente. Che il modus operandi inglese fosse diverso da quello italiano era evidente, ma quando certe decisioni suscitano dubbi che diventano voragini, è normale iniziare a preoccuparsi. Palermo ha imparato ad aspettare, ma non potrà farlo per sempre. Soprattutto se i miglioramenti stentano ad arrivare, e ci si ritrova a vedere sempre lo stesso copione, partita dopo partita. Ora è il momento dei fatti, sul campo, non delle parole. Non raggiungere la promozione al terzo anno di gestione in Serie B non sarebbe altro che un fallimento. Ma soprattutto, non sarebbe la giusta ricompensa per una tifoseria che, tra chilometri percorsi e cori cantati, meriterebbe maggiore trasparenza.