Dal rosanero del Palermo al biancorosso del Bari. Il quadro calcistico di Pietro Maiellaro, ex fantasista anni Ottanta di siciliani e pugliesi, si tinge dei quattro colori di due dei club che lo hanno visto protagonista sui campi di gioco prima di intraprendere la strada da dirigente sportivo e allenatore. A Palermo giocherà 29 partite nella stagione ‘84/085 segnando due gol. Per due anni transita da Taranto e poi approda al Bari dove colleziona 26 reti in 119 partite. Capoluogo pugliese dove sta trascorrendo alcuni giorni prima del Natale. Maiellaro, Palermo e Bari sono tra le due facce della sua medaglia professionale. Piazze importanti a cui la B sta stretta.
«La B è una lettera che non dovrebbe esistere per loro. Siamo al sud e siamo limitati. È tutta questione di organizzazione, gestione e di buona volontà». Pregi e difetti di città così calorose e passionali.
«Parliamo di due città simili, appassionate dei propri colori. La difficoltà è la mancanza di continuità. Non si riesce a programmare in maniera duratura. Il calcio è cambiato. Ci vorrebbe uno sceicco dandogli il tempo di investire nel calcio con dei tornaconti importanti nel mercato del territorio. Realtà che attualmente non esistono. Se la squadra va bene, succede altrettanto con gli affari».
Per entrambe, sarà un Natale amaro. Il Bari viene da due stop consecutivi ed è in chiara fase involutiva. Il Palermo, reduce da tre sconfitte e una sola vittoria nelle ultime otto gare, è persino dodicesimo e fuori dai playoff. I tifosi sono delusi. «Credo che a Palermo la situazione sia scoppiata. Nel ritorno, gli servirà una media promozione per rientrare in un certo discorso. Diciamo sempre le stesse cose. Mi sembra di essere tornato indietro di trent’anni. A un campionato importante ne seguono altri mediocri».
Il momento dei rosanero è critico, tra i più difficili dall’avvento triennale del City Group. Mister Dionisi e il ds De Sanctis sono contestati apertamente dai tifosi, ma vanno avanti. Il Bari può avere dei vantaggi e saprà approfittarne?
«Sono due squadre sul filo del rasoio. È una partita particolare. Saranno importanti i primi venti minuti. Se riesci a gestirla in questo tempo, poi chi segna per primo vince». Si sfidano due squadre in crisi. Che scontro si preannuncia e chi rischia di più?
«Sono gare imprevedibili. Chi avrà meno timore, si può giocare la partita».
Appena Longo mette mano alla formazione così detta titolare, si perde il bandolo della matassa. Era successo a Pisa e si è ripetuto col Sudtirol. Stavolta a rimetterci è stato Maita, pedina pressocché insostituibile a centrocampo. «Non riesco a rispondere a questo dato. Devo pensare che l’allenatore scelga in base a quello che vede in settimana e a quello che può dargli un calciatore. Prima di sostituirne qualcuno di importante, bisogna pensarci bene. Diciamo che è solo un caso. Altrimenti, bisogna vederci chiaro».
Ogni volta che dietro manca Mantovani e c’è Obaretin, il Bari – nell’uno contro uno – puntualmente viene punito. Anche questa è solo una coincidenza?
«Può essere. Anche in serie A, si prendono gol con la difesa schierata. Non si legge più e non si prevede più la giocata degli avversari. Il calcio sta andando in frantumi». Come mai un giocatore d’ordine e di tecnica come Maiello fa fatica a trovare spazio in questo Bari?
«Non saprei. Forse Longo analizza le caratteristiche dei suoi giocatori. Può essere che in Maiello veda un doppione di Benali. Non ci sono altre spiegazioni. Io, anche per soli venti minuti, farei giocare elementi con doti simili. Con adattamenti e sacrifici tattici. Non la vedo come un’eresia, o uno snaturamento dei ruoli. In tal senso, non sarebbe uno scandalo far coesistere due risorse qualitative come Falletti e Sibilli. Quelli bravi, li metterei sempre. Chi non risica, non rosica».
Molti dicono che la panchina del Bari sia corta. È d’accordo?
«Se non sono all’altezza, perché sono a Bari?».
Cosa si aspetta dal mercato?
«Solo giocatori adatti alla causa. I tifosi meritano rispetto».