Chiuse a Palermo le indagini sulla sparatoria di via Filippo Patti allo Zen dello scorso martedì. Alle prime ore dell’alba, infatti, la polizia ha fermato altre quattro persone accusate di aver fatto parte del commando che ha fatto fuoco contro Giuseppe Colombo ed i figli Antonino e Fabrizio, lasciando sul selciato una decina di colpi, tra proiettili inesplosi e bossoli.
I fermati sono i palermitani Giovanni Cefali, 62 anni, Nicolò Cefali, 24 anni, Vincenzo Maranzano, 49 anni, Attanasio Fava, 37 anni. Nei loro confronti sussiste l’aggravante del metodo mafioso. I provvedimenti sono stati emessi dalla Procura della Repubblica Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo.
La squadra mobile della Questura ha chiuso il cerchio su quello che, fin dai primi momenti, aveva assunto le caratteristiche di un vero e proprio agguato mafioso. Nei giorni scorsi le parole di una testimone, subito dopo il raid, avevano permesso agli agenti di arrestare quelli che sono stati indicati come i due organizzatori dell’aggressione, ovvero i fratelli Letterio e Pietro Maranzano. Ma è poi spuntato un altro testimone che ha fornito un racconto decisivo e che ha portato al fermo dei quattro presunti complici dei Maranzano.
Già le prime indagini, coordinate dal procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi e dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, avevano indirizzato gli investigatori sulle tracce dei fratelli Maranzano. Il più grande dei due, Letterio, era già noto agli inquirenti perché ritenuto organico alle famiglie mafiose dello Zen e con precedenti per associazione di stampo mafioso.
Nei giorni successivi è emerso che la sparatoria ed il ferimento dei Colombo erano la conseguenza di vecchi rancori che in primo momento erano sfociate in una lite accesa e successivamente nell’agguato di un commando armato capeggiato dai Maranzano.
Gli aggressori si sono presentati in via Filippo Patti: a occupare la scena un vero e proprio dispiegamento di uomini a bordo di almeno 3 auto di grossa cilindrata ed un numero ancora imprecisato di altri veicoli, moto e scooter.
Quel che ha colpito gli inquirenti è il carattere “paramilitare” che i Maranzano e i loro complici avevano dato all’agguato, una chiara azione dimostrativa, l’ostentazione del potere criminale, da esibire alle vittime prese di mira e forse anche al resto del quartiere. L’agguato, infatti, si è consumato in pieno giorno, senza che i fermati si facessero scrupolo di esplodere oltre una decina di colpi di arma fuoco che hanno ferito Giuseppe Colombo alle braccia e alla gamba sinistra e il figlio Antonino al gluteo e al tallone destro. Modalità che, secondo gli investigatori, avrebbero una chiara impronta mafiosa.
Armi in pugno, gli uomini del commando hanno sorpreso Giuseppe Colombo e i figli Antonino e Fabrizio per strada e li hanno inseguiti, sparando contro di loro, ad altezza d’uomo, mentre i tre scappavano cercando di mettersi in salvo. Gli assalitori si sono quindi dileguati dopo avere lasciato sul selciato una decina tra proiettili e bossoli, anche se alcuni di loro avrebbero cercato di ripulire la scena del delitto il più possibile.
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