Palermo al City Group. Teotino: “Non potrà mai giocare in Europa. Oggi il brand ne esce rafforzato ma può essere un problema per il futuro”
L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sul Palermo in mano al City Group, riportando un editoriale di Gianfranco Teotino sui problemi che in futuro potrebbero sorgere per i rosanero qualora si qualificassero in Europa.
L’acquisizione del Palermo da parte del City Football Group porta con sé due notizie buone e una cattiva.
La prima buona è che, dopo la pacifica, e prolifica, invasione di tycoon e capitali americani e l’affacciarsi di investitori cinesi con alterne fortune, ora fa il suo ingresso nel calcio italiano anche una proprietà araba. Sappiamo come i fondi sovrani dei Paesi del Golfo abbiano riversato nel sistema negli ultimi quindici anni risorse utili a fronteggiare crisi economiche ed emergenze pandemiche che avrebbero potuto metterlo in ginocchio ben più di quanto sia poi realmente accaduto, soprattutto nelle nazioni più fragili. Squadre come Manchester City e Paris St. Germain, da sempre fuori dall’élite del football europeo, in pochissimo tempo si sono trasformate in grandi potenze, inanellando trofei e rastrellando i più grandi campioni del panorama internazionale. Il fascino delle loro imprese, e le giocate dei fuoriclasse chiamati a farne parte, hanno arricchito campionati che non ne avevano bisogno come la Premier League o che invece ne avevano molto, di bisogno, come la Ligue 1 francese, accrescendone l’attrattività a livello planetario. Oltre ad avere allargato il sempre più ristretto novero delle potenziali vincitrici della Champions League. La seconda buona notizia è che i tifosi del Palermo possono finalmente trovare pace. Non rivivranno più i tormenti delle scorse stagioni, fra retrocessioni e fallimenti. La nuova proprietà
È stra-solida: con quota di minoranza sono entrate nel gruppo controllato dal fondo emiratino una società di investimenti cinese e una californiana. Una sorta di compromesso storico dei grandi capitali. Che non si nutre esclusivamente di danaro, ma pure di competenze calcistiche specifiche. Il City Group, arrivato a dodici squadre controllate in giro per il mondo, ha già vinto titoli, oltre che con il Manchester, in Australia, India, Bolivia e Usa. In Francia e Spagna ha conquistato la promozione in serie A con il Troyes e il Girona. È chiaro che tutta l’operazione è finalizzata ad apportare benefici alla società capogruppo, ma i club satelliti non sono solo laboratori di crescita di talenti da svezzare per il Manchester City, ma anche entertainment company che possono giovare della rete digitale, di marketing, franchising e sponsorizzazioni sviluppata dal network. La notizia cattiva, per fortuna, è dilazionata nel tempo. Per adesso, nessun problema.
Il Palermo, grazie ai mezzi e alle conoscenze dei suoi nuovi padroni, si consoliderà subito come squadra di Serie B e nel giro di un paio di stagioni potrebbe già tornare in A. Ma dopo? Dopo, la sua corsa si arresterà. I regolamenti dicono che due società controllate dal medesimo azionista non possono partecipare alle Coppe europee, neppure se fossero ammesse, per esempio, una alla Champions e un a alla Conference League. Cioè, finché il Palermo avrà lo stesso proprietario del Manchester City, i suoi tifosi non potranno nemmeno sognare di conquistare un posto in Europa.
Cosa che la squadra rosanero ha fatto non una sola volta in un passato abbastanza recente. Al contrario del Girona, per dire. Oltre a tutto, i fondi sovrani arabi, differentemente dagli altri private equity , non comprano per rivendere guadagnandoci, ma essenzialmente perché utilizzano il calcio come strumento di geopolitica. Una volta occupata una posizione, difficilmente poi la lasciano libera. Il soft power , come viene definito, oggi rafforzerà il brand Palermo, ma domani potrebbe frenare la crescita del Palermo del futuro.