L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla crisi degli ospedali italiani per questa nuova ondata covid.
Una settimana di attesa. Per capire come evolverà la curva del contagio. Per valutare la pressione sugli ospedali e comprendere quanto l’ondata di positivi colpirà i servizi essenziali, la vera emergenza di queste ore. Il governo predica cautela. Varerà entro mercoledì prossimo la chiusura degli stadi al pubblico, se non ci penseranno i club. E stanzierà nuovi ristori al turismo. Per il resto, prenderà tempo prima di tornare, eventualmente, ad agire. Nel frattempo, già lunedì Mario Draghi potrebbe incontrare la stampa. Per difendere la riapertura delle scuole e delle attività economiche, per rilanciare la necessità della vaccinazione obbligatoria appena stabilita per legge. Assieme alla cautela, pesano ovviamente anche numeri e prospettive.
In questa fase, un solo dato sembra certo: il picco della Omicron sarà brusco. Rapida salita, rapida discesa. Potrebbe manifestarsi a metà gennaio. Gli effetti sulle ospedalizzazioni, invece, si protrarranno inevitabilmente almeno fino alla prima decade di febbraio. E proprio in questa chiave, c’è uno studio riservato che preoccupa gli esperti dell’Istituto superiore di sanità e del ministero alla Salute.
Si tratta dell’ultimo testo sull’andamento dell’Rt-ricoveri, cioè il fattore che calcola la crescita delle ospedalizzazioni. L’ultimo certificato ieri dalla cabina di regia è pari a 1,3: già piuttosto alto e in crescita rispetto a venerdì scorso, quando era stato di 1,18. Lo studio però va oltre. Stima cosa succederebbe se l’Rt fosse di 1,5 per le prossime quattro settimane. I ricoveri ordinari, oggi 14.600, schizzerebbero a 60 mila. Significherebbe superare abbondantemente i 35 mila ricoveri del mese peggiore della pandemia, vale a dire il novembre del 2020. Una dato del genere farebbe “saltare” gli ospedali, ammette un tecnico.