Nuova vita con il Parma, Vazquez: «Ricordo quando a Palermo mi gridavano torna in Argentina. Qui la gente non disturba»
L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” riporta un’intervista a Franco Vazquez il quale torna a parlare anche della sua esperienza al Palermo.
Dalla passione per Kakà al rapporto speciale con Dybala e Correa. Dalla decisione di tentare l’avventura in Italia al sogno di portare il Parma in A. Habla el Mudo (Parla il Muto). Franco Vazquez si racconta e dimostra che il nomignolo è soltanto un gioco e non lo rappresenta per nulla.
Chi l’ha chiamata Mudo per la prima volta? «Un mio compagno al Belgrano. Ero timido, introverso. Per aprirmi devo avere completa fiducia nell’interlocutore».
Chi l’ha scoperta? «Luca Cattani. Prima faceva il giornalista, poi il direttore sportivo. Ha lavorato al Palermo, anche allo Spartak Mosca. Ora credo che sia al Psg. Io volevo venire a tutti i costi in Italia, con la mia famiglia tutte le domeniche guardavo “La giostra del gol”. Il mio sogno era sfondare qui».
Contento della sua carriera? «Contento e orgoglioso. Ho saputo superare momenti duri: a Palermo, appena arrivato, mi misero fuori rosa. La gente mi gridava: “Torna in Argentina”. Io non ho mollato».
Un allenatore importante per la sua crescita? «Beppe Iachini. A Palermo mi allenavo da solo, lui mi ha visto, mi ha detto di credere nelle mie qualità e mi ha aiutato».
Lei è il giocatore che ha subito più falli in tutti i campionati d’Europa. Non si arrabbia mai? «Mi arrabbio solo quando un giocatore, dopo sei o sette interventi scorretti, non viene ammonito. Per il resto, accetto tutto come parte del gioco. L’importante è che non ci sia cattiveria».
Nel calcio ha trovato amici? «Gli amici veri sono quelli che stanno fuori dal campo, in Argentina. Nel calcio ho trovato persone con le quali mi sento spesso. Penso a Dybala e Correa, che ha un grande talento ma è stato frenato dagli infortuni».
Si sente di fare una promessa ai tifosi del Parma? «No, le promesse non mi piacciono, sono parole al vento. Dico soltanto che mancano dieci partite e daremo l’anima per ottenere il massimo».
Che cosa le piace di Parma? «La tranquillità e l’educazione della gente. Vado in giro per il centro con il mio cane Nina e nessuno mi disturba. A Palermo e a Siviglia non era così».