Nicola: «I complimenti mi hanno stancato. La morte di mio figlio…»

L’allenatore del Crotone Davide Nicola, intervistato da “Repubblica” ha parlato così: «Non lo so bene neppure io perché sono qui a fare questa cosa. Ma mi sono detto: ‘parto per la prima tappa e vediamo’. Non voglio mai perdere, lo detesto. Si vede che le persone hanno anche bisogno di qualche assurdità. E io ho accettato la sfida, avevo lanciato un messaggio e la gente si aspettava che dessi seguito. Quando le parole escono dalla bocca devono tradursi in azione, altrimenti non hanno alcun senso. Del resto ciò che vedi di te stesso non è mai ciò che vedono gli altri. Vorrei vincere dieci Champions League di fila, certo. Ma io ascolto il mondo e trovo sempre le risposte che cerco. Ho bisogno di vivere emozioni molto forti perché mi dà equilibrio. Le emozioni non ti tradiscono. Le emozioni mi liberano, più sono forti meglio è, mettono in atto dentro me un processo chimico che mi fa desiderare, volere, dare il meglio di me, notare ogni particolare, come se tutto venisse ingigantito. Quando è accaduta la cosa di Alessandro, anche se non voglio parlarne mai… Lo so che tutti vorrebbero chiedermi, lo vedo dagli occhi delle persone, ma sono in difficoltà. Quel giorno, a parte il dolore che ti strappa le viscere, mi si è bloccato il tempo. E in quel preciso istante, mentre guardavo la scena di cui ricordo ogni particolare, compresi la forma e il colore delle pietre del selciato, ho capito di colpo chi ero, quello che volevo, quello che temevo. Ora, ho metabolizzato il fatto che Alessandro non sia più con noi e che c’è un tempo di vita per tutti. Ma so che lui mi ha insegnato più cose di chiunque altro nella mia vita. Essere contento senza un apparente motivo, essere sempre occupato con qualcosa, fosse pure un’attività qualsiasi come un disegno, desiderare con forza innaturale ciò che veramente si desidera, proprio come fanno i bambini. Queste cose ora sono passate a me, fanno parte di meSono un pozzo senza fondo. Mai soddisfatto. Sono perseverante, ma non paziente, spesso non ascolto cose che già so che non mi interesseranno, ho sviluppato una certa ipersensibilità nei confronti delle persone, capisco subito se tu potrai avere un rapporto con me. Di cosa ho paura? Le tre grandi paure dell’uomo sono quella della morte, delle critiche, della solitudine. Dobbiamo combatterle. Siamo fatti per un quarto della nostra genetica, un quarto di chi ci circonda, un quarto il tempo in cui viviamo, un quarto le influenze esterne dei media e dei messaggi subliminali che ci rifilano. Si trova la via quando definiamo la nostra unicità. E la cosa peggiore è che non c’è un’età per trovarla. L’esperienza non ti aiuta, è solo una lampada che ti illumina la schiena, ma non il cammino. Dopo la pedalata mi isolerò e non esisterà più niente per un po’. Poi ridiventerò il cannibale che cerca un altro obiettivo. È un periodo che tutti mi fanno i complimenti: alla lunga, mi hanno annoiato».

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Redazione Ilovepalermocalcio