L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul caso scommesse e le chat trovate nel cellulare di Fagioli.
Avviso ai naviganti: questa storia è appena cominciata. E non è la solita storia: non è calcioscommesse, non si tratta di risultati sportivi alterati, ma di “betting”, come lo chiamavano i nostri calciatori nelle chat. Gioco d’azzardo allo stato puro. Se le cose resteranno tali, non si muoveranno quindi le Procure, non ci saranno blitz notturni come la storia del nostro calcio insegna. Ci saranno probabilmente piccole contravvenzioni così come prevede il nostro codice penale.
Questa è tutta una vicenda sportiva. Ma, salvo non vogliano ripetere i soliti colpi di mano, sarà comunque un terremoto. Fortissimo. I nomi di Nicolò Fagioli, Nicolò Zaniolo e Sandro Tonali sono infatti soltanto tre, i più famosi, di una decina di calciatori sui quali la Polizia sta effettuando accertamenti ormai da qualche settimana. C’è almeno un altro giocatore della Juventus, di seconda fascia. E altri giocatori di Serie A. È verosimile però che l’elenco sia destinato inesorabilmente ad allargarsi: sono già state individuate almeno tre piattaforme illegali, sulle quali gli investigatori sono convinti che i calciatori italiani scommettessero abitualmente. Verranno chiesti i registri delle transazioni. Trovandosi all’estero non sarà facile averli. Ma nemmeno impossibile.
È un sistema utilizzato principalmente da chi ha necessità di riciclare denaro: non essendo tracciato, può investire cifre importanti garantirsi vincite facili e anche contenute, in modo tale però da ripulire il denaro giocato. È il sistema dell’uno a uno: si scelgono scommesse facili o si fanno studiare sistemi grazie ai quali comunque vada, si vince o si perde pochissimo. Perché l’importante non è guadagnare, ma riciclare. Quei canali sono però l’ideale per chi non può scommettere per altre ragioni. I calciatori, per esempio, cui il Codice di giustizia sportiva della Figc vietano scommesse sul calcio, anche su quelle che non sono dei propri team. Era emerso anche dall’indagine della procura di Cremona risalente ormai a dodici anni fa, ma allora — visto anche il filone principale dell’alterazione dei risultati — questo capitolo non lo si volle approfondire anche perché toccava giocatori di primissima fascia della Nazionale.