L’edizione odierna del “Corriere dello Sport” riporta l’editoriale del noto giornalista Italo Cucci, in merito alla sfida tra Italia e Armenia che si terrà a Palermo. Ecco quanto riportato: “C’è un dettaglio che gli odiamati statistici trattano vistosamente a proposito di Italia-Armenia in onda fra poche ore a Palermo, nell’amato stadio dedicato al mio amico e gran signore Renzo Barbera: il Palermo ha vinto dieci partite di fila, perdendo, senza far drammi, l’undicesima, e stasera tocca agli azzurri cercare di fare undici, e allora… Giuro che sarei invero pronto a dire a Mancini – per scaramanzia, se non altro – di stare attento a questi armeni, di non sottovalutare mai l’avversario soprattutto se “storicamente” debole. Ma non me la sento di inviare certi avvisi ai naviganti, mi sembrerebbe di prendere in giro un gioco serio, una Nazionale seria che è sicura di arrivare presto a riprender quota contro Germania e Francia, l’incubo europeo impiantatosi nel nostro cervello dal giorno in cui abbiamo dovuto “saltare” il Mondiale 2018 per impotenza e viltà. Palermo in realtà ci aspetta a braccia aperte, un po’ infreddolita, dunque più vogliosa che mai di scaldarsi al “sol dell’avvenir” che così appare, l’Italia dopo nove luminosi successi e la decima folgorante vittoria sulla qualificata Bosnia di Pjanic e Dzeko. Sa tanto di miracolo, e di romanzo, l’impresa a puntate di Mancini dopo le umilianti sconfitte di Ventura, che solo pochi ne traggono le dovute conseguenze tecnicotattiche, affascinati – come negarlo? – dalla portata “nazionalista” dell’evento calcistico in un momento di precaria salute dell’Italia politica. Ci manca poco per ripetere – appena se ne presentasse il destro – il memorabile evento di italiagermaniaquattroattrè non per numero di gol ma per la quantità di bandiere apparse sui balconi, nelle strade, sui picchi delle montagne come in riva al mare. Ce n’è tanta voglia che si arriva a scomodare Vittorio Pozzo non perché il gioco delle due Nazionali si somigli e tantomeno per il risultato di Quella rispetto a Questa, ma per la voglia di italianeggiare alla faccia del campionato “straniereggiante” e dei competitori continentali. E si tacciono, nell’agone europeo che ci vede primeggiare, le ormai desolanti parolibere sfide da cafeteria (evviva il barsport) fra risultatisti e estetisti: italico calcio fu quello di Pozzo (così ben ricordato iermattina da Mario Sconcerti) italico calcio è quello di Roberto Mancini il quale, come il Comandante Vittorio, andò a sciacquare i panni nel Tamigi. Sarebbe bello poterli un giorno accomunare non solo nelle incoraggianti statistiche ma nella Vittoria. Maiuscola”.