Il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, in un’intervista al quotidiano La Sicilia, ha voluto commentare l’ultimo report dell’Istituto superiore della sanità che include l’isola tra le cinque regioni con l’indice Rt sotto la soglia di 1.5, anche se è ancora classificata a ‘rischio alto’ e per questo è zona ‘arancione’.
Presidente Musumeci, da uno a dieci, quanto è risollevato dai dati siciliani dell’ultimo report dell’Istituto superiore di Sanità?
«I dati confermano una tendenza che registriamo ormai da oltre una settimana in Sicilia. Ma non c’è tempo per sentirsi risollevati: si corre e basta!».
Ha definito «politica» la scelta del governo nazionale di inserirci in zona arancione. «Mi sento su Scherzi a parte», ha ironizzato. Ora si sente legittimato a dire «ve l’avevo detto io!» e a spingere per il giallo? O l’attuale colore dell’emergenza Covid è quello che tutto sommato ci meritiamo?
«L’ho detto e lo ripeto: non meritavamo una differenziazione che è apparsa alla pubblica opinione discriminatoria, almeno rispetto a molte altre regioni. Ma non voglio polemizzare, è acqua passata ormai. Peraltro, i fatti di questi giorni stanno confermando i nostri dubbi. E fa piacere che sia apprezzata la correttezza e la precisione dei dati da noi trasmessi. Ora guardiamo avanti. E davanti a noi ci sono l’autunno e l’inverno, due pericolosi complici del virus. Il contagio ormai galoppa velocemente ed i sistemi sanitari di tutto il mondo sono in affanno. Non è più un problema di colori».
La Sicilia è una delle cinque regioni con l’indice Rt sotto la soglia di 1.5, ma è classificata «a rischio alto». E ciò aumenta in percentuale il peso delle altre criticità segnalate dall’Iss, alcune relative al servizio sanitario regionale, altre legate a trasmissione del contagio e dati sulla riconducibilità dei casi a focolai precisi. Ma lei, in coscienza, è certo di aver fatto in estate tutti i compiti per le vacanze dalla pandemia? C’è chi sostiene che lei fosse troppo impegnato a scacciare i migranti…
«L’ha detto lei. Non le pare una contraddizione essere noi sotto soglia nel rapporto tamponi/contagi, rispetto a numerose altre regioni italiane, ed essere poi considerati “a rischio alto”? Voglio ricordarle che il sistema sanitario siciliano è quello sulla cui tenuta, a marzo scorso, nessuno avrebbe scommesso un centesimo. Eppure abbiamo superato benissimo la prima fase della pandemia, per l’impegno di tutto il personale e dei volontari, e per un piano del governo regionale sano, puntuale ed efficace, curato assieme all’assessore Ruggero Razza, al quale va la mia rinnovata e convinta fiducia. Però…».
Però…?
«C’è un però. Nella prima fase la gente ha avuto paura del virus e ha rispettato le norme di comportamento. Oggi non è più così. Le immagini delle nostre città lo dimostrano. In molti dimenticano che si diventa contagiosi e contagiati fuori dalle mura degli ospedali: nei luoghi di assembramento e senza adottare cautele. In corsia si arriva dopo, a danno compiuto. In estate? Quando i cittadini si godevano le meritate vacanze noi abbiamo lavorato per garantire ai turisti una assistenza rassicurante, non ci siamo fermati con i tamponi e a luglio abbiamo preparato e trasmesso a Roma il Piano per la riqualificazione di una trentina di strutture ospedaliere. Purtroppo, ho dovuto attendere tre mesi, fino al 9 ottobre, per ricevere da Roma la delega di commissario e potere così avviare le iniziative e le procedure per i cantieri. Cosa che ho subito fatto. Spero arrivino presto le relative risorse finanziarie per fare fronte alle prime spese delle imprese e all’acquisto delle apparecchiature, anche perché a oggi abbiamo anticipato risorse nostre. E abbiamo dovuto trovare, nei mesi estivi, anche il tempo per denunciare l’irresponsabile trattamento riservato dallo Stato ai migranti, oltre dodicimila, sbarcati sulle nostre coste e rinchiusi nei carnai dei cosiddetti “centri di accoglienza”, senza alcuna norma di contrasto Covid. Mentre i sindaci di Pd e M5S dicevano di volerli trattenere a bordo delle navi per tutelare le loro comunità, impaurite e allarmate».
In cima ai punti dolenti del monitoraggio c’è la saturazione di terapie intensive e reparti ordinari, con sempre più ricoveri Covid. La cronaca quotidiana ci descrive gli ospedali siciliani sotto assedio. Quando e come le mappe virtuali della Regione diventeranno posti effettivi?
«La mappa è quella redatta in estate: man mano che aumenta la occupazione dei posti letto in terapia intensiva e nelle corsie per malati Covid si procede alla riconversione di altri posti letto. È chiaro che finora abbiamo voluto preservare ovunque l’attività ordinaria. D’ora in avanti sarà necessaria la parziale riduzione delle degenze per altre patologie, fatta salva l’emergenza. Se si dovesse arrivare alla fase acuta – mi auguro di no, ma non lo escludo – sarà sospesa l’attività ordinaria in tutti gli ospedali dell’Isola e consentita solo l’attività emergenziale. Serve la solidarietà, quella vera e concreta, da parte di tutti, a cominciare dai sindaci, che stanno in trincea giorno e notte, spesso pressati da spinte campanilistiche imperdonabili in tempo di guerra».
Le due «allerte di resilienza» del sistema sanitario, secondo l’Iss, sono l’alta percentuale di positivi sui tamponi effettuati e la capacità di tracciamento. Come spiega queste criticità. E come intende risolverle?
«Come ha sottolineato anche il collega Zaia, il sistema non consente il monitoraggio dei tamponi rapidi. E in Sicilia ne abbiamo fatti più di quarantamila solo negli ultimi tre giorni. Questo fa innalzare il tasso di positività. E sa perché? Perché su ogni soggetto risultato positivo al rapido si effettua subito dopo il tampone molecolare. Dall’Iss ci hanno comunque detto che si sta lavorando a un superamento di questi criteri e si sta operando per considerare tutti i test che vengono espletati, peraltro con procedure stabilite dal ministero della Salute».
Il Pd siciliano ha chiesto al governo giallorosso di rimuoverla da commissario delegato per l’emergenza Covid in Sicilia. E il sindaco di Messina, De Luca, l’ha implorata di «chiedere scusa ai siciliani». Si sente davvero così «inadeguato» nella guerra al Covid?
«Il destino mi ha chiamato a superare dure prove nella mia vita, in quella pubblica e privata. E credo di esserci ogni volta riuscito, prendendo il coraggio fra le mani e con l’aiuto di Dio. Questa che viviamo è una prova fra le più difficili. Ho fatto e farò ogni sforzo per portare la mia regione prima possibile fuori dal tunnel, mettendoci la faccia e assumendomi le responsabilità che mi competono. Chi, invece, sta fuori dal governo regionale, si diverte a fare terrorismo tra la gente in un momento in cui tutti dovremmo pensare alla salute dei siciliani».
All’Ars le opposizioni hanno presentato una mozione di censura all’assessore alla Salute, invocandone le dimissioni. Ha già espresso la sua fiducia in Razza. Ma c’è qualcosa che poteva essere fatto meglio in questi mesi?
«Su Razza, infatti, le ho già risposto prima. L’opposizione fa il proprio mestiere. Certo, può farlo in tanti modi, ma non intendo giudicare. Mi lasci solo dire che lo sciacallaggio è una moda assai diffusa in politica, anche nei momenti più difficili».
Il governo nazionale ha chiesto alle opposizioni di condividere le scelte più delicate sulla pandemia. Non sarebbe il caso che lo facesse anche lei alla Regione? Magari il clima politico, talvolta inutilmente velenoso, potrebbe un po’ rasserenarsi.
«Tanto l’assessore Razza quanto io siamo andati più volte in Aula a rendere conto delle iniziative del governo regionale sul fronte anti-Covid. Ma niente da fare: in alcuni casi, per fortuna non in tutti, il pregiudizio della opposizione è più forte di qualsiasi buona volontà».
Nella prima fase è stato fra i governatori più duri nelle misure, col consenso dei siciliani certificato dai sondaggi. Poi, quando la situazione è migliorata, è stato fra i portabandiera nazionali di una linea più soft. Di recente ha alternato posizioni diverse, dalla crociata per i ristoratori aperti all’ineluttabilità di un lockdown totale. Nessuno vorrebbe trovarsi al suo posto, in mezzo fra negazionisti e apocalittici, ma ora ci dica: qual è il suo piano per le prossime settimane?
«Ho sempre seguito la linea del rigore e della fermezza, sin dal mese di febbraio. Il 26 ottobre ho dichiarato, senza mezzi termini: prepariamoci al peggio. Il giorno dopo, all’Ars, ho ribadito il timore che saremmo presto arrivati a un nuovo lockdown. Anche le ultime misure da me adottate sono state restrittive, ma anche tese a non penalizzare anzitempo alcuni operatori economici, già in ginocchio. Ho la serena consapevolezza che i cittadini vedano con i propri occhi la realtà e non si facciano trasportare da polemiche prive di senso. Abbiamo il dovere di mantenere unità la nostra società di fronte alla più grave emergenza sanitaria mondiale degli ultimi 100 anni».
«Non ce n’è Coviddi», canta ancora Angela da Mondello. E le immagini delle città siciliane di quest’ultimo fine settimana confermano un modo piuttosto “allegro” di vivere la zona arancione. Non sarebbe necessario un controllo più serrato? Ha sentito i prefetti dell’Isola?
«Temo che il problema siano le misure e non solo i controlli. Chiudere i ristoranti e consentire assembramenti potrebbe non essere capito e, quindi, trasmettere una idea sbagliata. Serve una nuova consapevolezza diffusa, senza la quale tutto diventerà molto più difficile. Ma ho fiducia nel buon senso dei siciliani. Anche perché senza responsabilità collettiva non basterebbero in Sicilia centomila posti letto e un esercito di rianimatori».