Miccoli: «Palermo? Quella città è stata tutto per me. Ero troppo buono e aiutavo tutti»
Fabrizio Miccoli, ex campione amato dai tifosi del Palermo e protagonista di una carriera brillante ma segnata da errori e vicende giudiziarie, si racconta in una toccante intervista rilasciata a Monica Scozzafava per il Corriere della Sera, in edicola oggi.
Dopo aver scontato la sua pena, l’ex attaccante parla della sua voglia di riprendere in mano la vita, del percorso di pentimento e del significativo incontro con Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso dalla mafia. Con sincerità e introspezione, Miccoli ripercorre il suo passato, gli errori commessi e la strada verso il riscatto, trovando nella famiglia, nella scuola calcio e nelle sue nuove attività imprenditoriali una ragione per guardare avanti.
Un’intervista che svela il lato umano di un uomo che, oltre il talento calcistico, si misura con la consapevolezza degli sbagli e il desiderio di ricostruire, passo dopo passo, un futuro diverso. Un racconto di rinascita, oggi sulle pagine del Corriere della Sera.
Ieri e oggi, come sono cambiati i ragazzi che sognano il pallone? «Sono diversi, hanno meno fame, meno voglia di emergere. Loro hanno tutto, spesso giocano a calcio per divertimento e non perché hanno realmente un obiettivo da perseguire. Poi, certo, quando c’è il talento lo si coltiva e chi ce l’ha comincia a crederci e si impegna al cento per cento».
Lei sì che ne aveva di talento… «Così pare! Ero il Maradona del Palermo, giusto? Quella città è stata tutto per me: casa, famiglia, amici. Vita. Mi hanno adorato e io li ho amati: tifosi, compagni di squadra, allenatori, presidenti. Sono stati veramente una famiglia».
Città dove le è successo anche il peggio… «Con la mia vicenda non c’entra niente il calcio e non c’entra niente Palermo. Ho fatto io un errore enorme».
Quale? «Dire sempre di sì a tutti. Sono stato molto ingenuo, troppo disponibile, ma questo è il mio carattere che sto cercando di modificare. Ho sbagliato, ho pagato, ho chiesto scusa e ho messo un punto definitivo incontrando Maria Falcone con la quale faremo anche iniziative di solidarietà insieme per Palermo. Se mi faccio un esame di coscienza mi dico che ero e resto una brava persona. La porta di casa mia era sempre aperta».
A chi? «A tutti quelli che bussavano perché avevano bisogno di aiuto. Pagavo le bollette a chi non aveva soldi, facevo la spesa a chi non riusciva a mettere il piatto a tavola. Dio solo sa quante aste di beneficenza ho organizzato per i bisognosi, per comprare attrezzature da donare all’ospedale pediatrico. Cose che mi hanno riempito la vita, anche oggi faccio aste».