Menichetti: «È solo l’inizio. Uno tsunami, altro che una semplice influenza»
«Siamo solo all’inizio. Nemmeno 400 casi in Toscana. È come se fossimo in allenamento, la partita vera deve ancora arrivare. Ma una cosa è certa: dobbiamo prepararci. Se anche lo zoccolo duro della sanità italiana, l’eccellenza degli ospedali del nord, la rete più vasta di infettivologi ed esperti, è andata in crisi. Un ottimo sistema sanitario come quello toscano rischia di venir travolto da uno tsunami», dice il professor Francesco Menichetti, primario di Malattie infettive a Pisa, allora perfino «un ottimo sistema sanitario come quello toscano rischia di venir travolto da uno tsunami». Semplice influenza? «Mi chiedo se chi lo continua a sostenere non si vergogni. Siamo di fronte a una sfida molto impegnativa. Ormai lo dicono i fatti, non solo la letteratura: è un virus capace di uccidere, e non solo persone fragili ma anche giovani adulti. Lo tocchiamo con mano ogni giorno. La mortalità in Italia è al 6%, l’influenza allo 0,1%. I conti non vanno fatti sul numero dei tamponi, ma sui malati. E attenzione: sappiamo che solo nel 30-40% dei casi si tratta di positivi asintomatici per cui basta l’isolamento a casa, il 60% ha bisogno di cure, del ricovero, qualche volta della terapia intensiva. «Non solo. Perché i letti si possono aumentare, e li aumenteranno. Ma rimpiazzare i professionisti è più difficile. I fatti ci dicono che i più esposti sono medici e infermieri, è un problema nel problema. Nella sola Lombardia si contano 700 operatori sanitari infetti. Il virus non solo uccide i pazienti ma mette a rischio chi li cura. Questo tsunami epidemico ha travolto il nord e ora minaccia di espandersi da noi. Dobbiamo fare in modo che non saturi posti letto, certo, ma anche che non ammali i sanitari. E guardi che è un fenomeno subdolo, colpisce anche professionisti di grande esperienza. Ma non avete protezioni? «Certo, e noi, come pneumologi e internisti, siamo abituati a queste procedure di sicurezza, le mascherine, le tute anti-contaminazione, le visiere. Ma un ospedale deve andare avanti, ci sono la chirurgia d’urgenza, l’oncologia, l’onco-ematologia, e i malati devono continuare a ricevere risposte. Per questo è bene che l’azienda pensi di dividere i percorsi: Covid e No-Covid. Ma servono assunzioni rapide». Ma un rischio resta. «Noi tentiamo di ridurlo. È importante essere concentrati in tutte le fasi, la vestizione, quelle del lavoro e soprattutto nella svestizione. Io faccio lavorare il mio team sempre a coppie, si riduce l’errore. Uno corregge l’altro, ricorda all’altro le cose di cui tener conto». Pisa quanti ricoverati avete? «Una quindicina. Ma ci prepariamo a raggiungere i livelli di Firenze e Pistoia». Quando raggiungeremo il picco in Toscana? «C’è chi dice fra 10 giorni, chi va più in là con le previsioni. Ma saranno fondamentali i prossimi 10 giorni di blocco totale, un isolamento domiciliare imposto al Paese, per capire se si tratterà di uno tsunami o di un maremoto. Muovono la stessa massa d’acqua, ma il primo ti investe tutto insieme». Alcuni fanno ancora fatica a capirlo. Molti sindaci in Toscana hanno dovuto riprendere i cittadini perché portano i bimbi al parco. «Ecco, vorrei che fosse chiaro. Bisogna stare a casa. Fate la spesa online se potete, fatevela portare, evitate anche la passeggiata. Io ho 42 anni di servizio. Ho visto l’epidemia di epatite B, l’Aids, ma una cosa del genere non l’avevo mai vista». Qual è stato l’errore principale, il peccato originale? «Aver perso tempo. Eppure la Cina ci aveva dato un mese per prepararci. Invece abbiamo dato ascolto a chi raccontava la storiella dell’influenza. C’era la paura comprensibile di scompensi economici e sociali, ma dal punto di vista epidemiologico è stato un errore, così come chiudere i voli diretti e non preoccuparsi di chi arrivava da oriente facendo il giro». Queste le parole del primario di Cisanello, Francesco Menichetti, rilasciate ai microfoni di “Il Tirreno” in merito all’emergenza legata al Coronavirus.