Masimiliano Doda si racconta: «Io, albanese di Genova, ho il calcio nel Dna della mia famiglia. Rispoli e Cassani…»
L’edizione odierna de “La Repubblica” riporta le dichiarazioni di Masimiliano Doda, terzino destro del Palermo, figlio di un calciatore, fratello di un calciatore e nipote di calciatori: «Andavo con mia madre a vedere giocare mio padre Alexander – racconta – mi piaceva seguirlo. La passione per il calcio mi è nata così, era inevitabile che finisse in questo modo. Mio padre faceva il difensore centrale, i miei zii giocavano, mio fratello Armelo, sedici anni, gioca nell’Under 18 della Sampdoria. In famiglia il calcio è sempre stato uno sport piuttosto amato».
Tutti calciatori e tutti difensori. È un caso?
«L’arte di difendere, evidentemente, fa parte della famiglia. Mio padre ha giocato per 14 anni nella serie B albanese e poi un paio di stagioni in A. Purtroppo è stato costretto a smettere per un grave infortunio al ginocchio.
Giocava nel Kukesi, la squadra della città di Kukës che in questa stagione ha disputato i preliminari di Europa League.
Con mio padre avremmo potuto fare una bella coppia: lui centrale e io terzino».
Lei come ha cominciato?
«Sono nato in Albania, a Mirdite, e ho iniziato a giocare lì da piccolo per strada con gli amici. Poi ci siamo iscritti tutti in parrocchia e abbiamo continuato all’oratorio. Quando sono arrivato in Italia avevo nove anni e sono entrato nella Rivarolese, la squadra di Rivarolo Ligure, il quartiere dove vivevamo. Ho giocato lì tre anni e sempre con i ragazzi più grandi. È stato lì che la Sampdoria mi ha visto e chiamato. In blucerchiato ho fatto la trafila nel settore giovanile, poi a giugno mi hanno svincolato e adesso sono qua a titolo definitivo. E poi c’è la nazionale. Ho avuto la fortuna di essere convocato e di provare l’orgoglio di indossare la maglia dell’Albania. Anche con la nazionale ho giocato sempre con i più grandi: ho fatto tutta la trafila, dall’ Under 17 fino a Under 20. Adesso aspetto la chiamata, spero, dell’Under 21».
Lei è praticamente genovese d’adozione, come ha vissuto il crollo del ponte Morandi?
«È stato un grande colpo per tutta la città. Mio padre faceva quella strada ogni giorno per andare a lavorare. Quel giorno ero al campo. Casa mia è vicina alla zona in cui è crollato il ponte. Da casa mia si vedeva. Quando è successo mia madre mi ha chiamato subito e io la prima cosa che ho fatto è stata telefonare a mio padre per sapere se era tutto a posto».
Da Genova a Palermo, che rapporto ha con il mare?
«Sono molto legato al mare e mi piace tantissimo. Se mi allontano troppo dal mare mi manca. A Palermo il clima è più o meno uguale a Genova, mi sento a casa. A Mondello poi si sta benissimo».
Rispetto a casa, però, qui non deve andare a scuola.
«Ma devo studiare ugualmente. Faccio il liceo delle scienze umane e mi manca l’ultimo anno. Sono iscritto ancora a Genova, studio da solo qui e poi farò gli esami da esterno. Gli amici, quelli di Genova, un po’ mi mancano, ma con i miei nuovi compagni di squadra mi trovo bene e soprattutto con gli altri Under sta nascendo una bella amicizia».
Ha già visitato Piana degli Albanesi?
«Non ancora, ma mi hanno detto che fanno cannoli buonissimi.
Presto ci andremo con Erdis Kraja. Sono goloso. Mi toccherà assaggiarli».
Come lo immagina il suo futuro?
«Mi vedo nel calcio soprattutto dal punto di vista lavorativo. Del resto il nostro obiettivo è riportare il Palermo fra i professionisti, spero di rimanere qui e iniziare la carriera da professionista. Penso però per il momento giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento e partita dopo partita. So che qui sono passati giocatori come Cassani e Rispoli, gente in grado di fare la differenza in A. Mi piacerebbe avere un percorso simile. Anche se i miei idoli sono Dani Alves e il mio connazionale Elseid Hysaj».
C’è un allenatore dal quale le piacerebbe essere allenato?
«Quando Sarri allenava il Napoli mi piaceva il gioco che faceva e mi sarebbe piaciuto fare parte di quel meccanismo. Se dovessi dire un nome direi proprio quello di Sarri, ma per ora mi tengo stretto Pergolizzi e penso a fare bene con le sue indicazioni. Il nostro allenatore è un martello ed è proprio quello che ci serve per tenere alta la concentrazione in un campionato in cui tutti ti aspettano al varco».
Che fa fuori dal campo?
«Seguo tante serie tv su Netflix: la mia preferita è Prison Break. Non mi piace molto leggere, ma seguire documentari sì. E ascolto musica trap e reggaeton. Ascolto anche canzoni popolari albanesi».
Che rapporto ha con l’Albania?
«Ci torno ogni tanto d’estate per andare a trovare i nonni e stare un po’ in vacanza. La mia famiglia, a parte i nonni, ormai è tutta qui. Viviamo a Genova da 10 anni».