Mantova, Possanzini: «Voglio restare anche in B»
L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” Davide Possanzini, tecnico del Mantova fresco di promozione in B.
«Abbiamo fatto qualcosa di irripetibile. I giocatori che nella scorsa estate hanno firmato con il Mantova hanno sottoscritto un atto di fede. Non si sapeva in quale categoria avremmo giocato, se in D dove la società era stata appena retrocessa o in C Nemmeno il d.s. Christian Botturi, appena arrivato come me l’estate scorsa, e io. Pensi che i primi allenamenti li abbiamo svolti con i palloni della stagione appena finita perché non sapevamo ancora in quale campionato avremmo giocato e quindi
quali avremmo utilizzato».
Lei ha accelerato la separazione dal Brescia pur di esserci subito. Come è andata? «Ho risolto il contratto lasciando perdere la questione economica. Dalla Primavera ero passato alla prima squadra in B per due partite. Mi aveva colpito il progetto del presidente Filippo Piccoli e ho accettato».
Dalla Serie D alla B: come è stato possibile? «Avevo chiesto solamente di partire per il ritiro con almeno l’80% della rosa. Della squadra retrocessa abbiamo deciso di tenere tre elementi, Mensah, Monachello e Panizzi. L’ambiente è sempre stato sano, nella squadra non sono mai sorti screzi e il pubblico ci è stato sempre vicino. Alla fine del primo tempo della prima giornata contro il Padova vincevamo 1-0 (gara poi finita 1-1, ndr) e ai giocatori ho chiesto di non accontentarsi perché si poteva arrivare primi in campionato. Potevo sembrare un folle, ma ci credevo».
Il suo calcio da dove parte? «Dall’intenzione di avere la palla e di dominare il gioco. Credo che la miglior difesa sia tenere il pallone. E sono un sostenitore della costruzione dal basso: con i giusti movimenti credo che sia più semplice un passaggio di 5 metri piuttosto che un lancio di 50. E non sopporto i colleghi scienziati…».
Il suo contratto si è rinnovato automaticamente già con la qualificazione ai playoff: quindi resta al Mantova in B? «Io voglio meritarmi le categorie, quindi voglio rimanere per questa esperienza. Ho trovato una squadra e una dirigenza perfetti, è determinante per lavorare bene. Un caso più unico che raro. E poi sento nostra questa creatura».
Lei è cresciuto con Roberto De Zerbi. «Abbiamo fatto sei anni e mezzo insieme, in Italia e in Ucraina, ci siamo trovati con le idee, è stato bellissimo e formativo lavorare con lui. Poi è arrivato il momento di fare da solo».
Si definirebbe un allenatore rigido? «No, non mi piace imporre ma spiegare. E in questa stagione mi sono evoluto anche io con i miei giocatori perché mi hanno dato diversi spunti di riflessione. Ho cercato di spiegare loro la differenza fra vincente e vincitore, una differenza sostanziale».
Il suo Mantova in Serie B come sarà? «Credo nei ritocchi e non nelle rivoluzioni. E credo soprattutto nella riconoscenza verso chi ha ottenuto questo risultato».