«Mai presidente per un giorno». Giammarva contagiato dall’amore per il Palermo: «Che stupore essere chiamato presidente dai bambini. Vorrei…»
L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” ha realizzato una lunga intervista a Giovanni Giammarva, ecco quanto si legge:
“«Presidente…». «Dice a me? Mi giro e vedo bambini che chiedono l’autografo, tifosi che hanno voglia di conoscermi e di sapere. È la festa dell’orgoglio rosanero, realizzo in quel momento che quel “Presidente… ” era rivolto proprio a me e che, per la prima volta, non appartengo solo all’attività di commercialista e alla famiglia, ma a coloro che sono sentimenti e cultura non di una elite ma di tutti». Giovanni Giammarva scopre all’improvviso «il significato del calcio e dell’appartenenza in una città sfinita da tanti problemi ma famosa nel mondo che si aggrappa al gol come metafora per sopravvivere». SOLE E FRAGOLINA. «I bambini sono come i marinai: dovunque si posano i loro occhi è l’immenso». Ho preso in prestito la frase da uno scrittore francese contemporaneo, Christian Bobin, perché forse non sono mai stato un marinaio o un bambino come quelli che vanno al Barbera». Davanti a tutto ha sempre messo il lavoro. Una sorta di “aff ascinante” prigione dalla quale uscire solo per godersi l’intimità familiare. La riservatezza un modello di vita; i sentimenti relegati nella pagina del cuore che esplodono in lacrime per le nascite, gli anniversari, le festività. Quando il suo linguaggio professionale si trasforma in devozione per Lucia, la moglie, in tenerezza per “fragolina e sole”, Francesca e Giulia, le due fi glie. Il calcio lo ha cambiato. Tanto da legarsi anche alle piccole, grandi superstizioni. «Sono Giovanni Giammarva sessant’anni il 25 giugno, Cancro con ascendente Vergine. Non credo all’astrologia ma la seguo, non si sa mai. Il mio segno zodiacale dice che Giove è favorevole e Saturno contro, ma che Vergine ha tutti i pianeti a favore, il che signifi ca che nel 2018 tutto andrà bene e vincerò sia pure con diffi coltà e contra«La gioia della gente per un gol è la metafora della vita. Serietà. L’ho detto a Zamparini? No, sono cose di cui non parlo con nessuno. Di solito … ». Avversari e Tribunali, avvertiti. «Da papà e mamma ho ereditato rigore morale e sorrisi. Appena ragazzino ho fatto karate per una dozzina d’anni fi no alla cintura nera. E, come tutti, tiravo quattro calci tanto che il Caccamo mi propose un provino. Non ci andai. Sarebbe stato lo stesso se mi avesse chiamato il Real Madrid. Avevo talento, tifavo per l’Inter e Sandro Mazzola ma il pallone era un intruso che frequentavo per abitudine». L’INCONTRO CON ZAMPARINI. «Quando mi chiese di fare il presidente risposi di no perché non gradivo stare sotto la luce dei rifl ettori. Lui non mollò. E intanto crescevano stima e amicizia. Fino al momento in cui cambiai idea. Perché? Zamparini è persona generosa, intelligentissima, un pò vulcanica ma gradevole. Le carte del Palermo mi convinsero. Più le guardavo e più veniva fuori che la società non nascondeva nulla di terribile. Un altro al mio posto ne avrebbe approfi ttato per l’immagine, tralasciando il vero problema: cioè restituire un patrimonio alla città. Il Palermo non poteva essere abbandonato. Chiamatelo spirito di servizio o garanzia per tutti, Tribunale incluso». COLPITO E RAPITO. «Prima di accettare ho frequentato lo stadio alla ricerca di un coinvolgimento. Aspettavo una scintilla. Cosa mi ha colpito? I pranzi offferti ai vip nell’intervallo delle partite! Veri capolavori. Scherzo, ovviamente. Può esserci vita senza ironia? Diffi do delle persone che non ridono. Mi hanno emozionato i virtuosismi di Coronado. Vedendo certe giocate ho provato una sensazione di gioia». Presidente dall’otto novembre. «Forse, sono diventato il bambino … marinaio che va al circo o al luna park per immaginare un mondo diverso. Il calcio realizza un sogno di libertà: praterie immense, gente che corre. Stessa euforia in aereo. Col cellulare spento posso leggere un giornale senza essere interrotto. E volando con i pensieri, mi sono accorto che il mio ruolo non ha tempo. Non sarò mai il presidente di un giorno o di un affare. Non ho il sedere attaccato alla sedia. Sarò presidente fi nché necessario. Al Barbera non ho preso la stanza diZamparini. Il patron mi ha detto che parlerà di me ad eventuali nuovi proprietari. Grazie, ma nessuna forzatura, posso smettere anche domani».
DUE MESI DOPO. «Il calcio è entrato nelle mie vene e in famiglia. Le mie figlie vanno allo stadio con sciarpe e colori rosanero. Io mi astengo per pudore ma ne avrei voglia. Mi sta piacendo e so che da presidente debbo avere un rapporto intenso con la città, i tifosi, i giocatori, le istituzioni. A Cesena, a Bari ho incontrato la squadra in albergo. Ho visto ragazzi attenti e seri che percepivano il senso del discorso imperniato sulla totale disponibilità per tornare tra le grandi. La città è pronta per una squadra forte e tutto cambierà, in meglio, con il salto in A. Intanto, mentre aspettiamo la decisione del Tribunale, il nuovo bilancio ha messo in evidenza una migliore performance economico-patrimoniale. E posso garantire che siamo in evoluzione con un trend positivo anche per quanto riguarda i contratti di pubblicità, gli sponsor, il marketing. Una parte della città non va allo stadio e non spinge. Non si rende conto che una promozione determina nuovi investimenti a benefi cio dell’economia cittadina e del sociale. Il futuro? La società può produrre altri Fiordilino, Accardi e La Gumina, esportare un modello palermitano. Mortificare questo aspetto sarebbe un peccato. Zamparini ha dato molto. Parlano i fatti e non lo dico perché sono con lui. Sia chiaro: ho le mie idee e non sono uno “yes man”. E comunque, con l’amore si costruisce, con il racore si distrugge. È questo il messaggio che lancio»”.