Lo Sheriff senza paura: «Vi divertiamo noi non ma Superlega. Il Real ko grazie a…Ancelotti»
L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sullo Sheriff Tiraspol alla vigilia del nuovo turno di Champions League.
yuriy Vernydub a 55 anni ha scoperto la Champions League. Come il suo club, lo Sheriff Tiraspol, che è più giovane di lui, essendo nato solo nel 1996. E l’ha scoperta facendo il botto: vittoria con Shakhtar e, soprattutto, al Bernabeu col Real Madrid. Domani sarà la sua prima a San Siro. «Altro stadio altrettanto storico, dove hanno allenato e giocato grandi personaggi. Io ci sono venuto da spettatore 2-3 volte, credo. Ricordo un Milan-Fiorentina e un Milan-Lazio nei primi anni 90».
Facciamo un passo indietro: il Bernabeu.
«Emozioni pazzesche, non riesco a spiegare, provo ancora i brividi… Poi vincere lì, chi poteva solo immaginarlo?».
Ha già battuto due italiani: prima De Zerbi, poi Ancelotti.
«Carlo, come Lippi – un grandissimo, che ho sempre seguito con interesse – è un maestro. Mio figlio mi aveva regalato l’ultimo libro di Ancelotti, Il leader calmo , l’ho letto a fondo tante volte. E dopo che l’ho battuto a Madrid mio figlio subito mi ha rinfacciato: “Hai visto che hai fatto bene a leggere il suo libro. È tutto merito mio se hai vinto col Real…”».
Ucraino di Zhytomyr, Urss, ex difensore e centrocampista arretrato al Metalurh Zaporizhzhia, in Germania al Chemnitzer, ha chiuso allo Zenit nel 2000: voleva già allenare?
«Ho iniziato a pensare ad allenare verso fine carriera da giocatore, nel 1997, quand’ero a San Pietroburgo. Ho imparato tanto dall’ucraino Byshovets, ex c.t. russo e della Corea, ex al Lokomotiv. Ho capito molto sull’organizzazione, sull’allenamento. Da difensore ovviamente ho iniziato a studiare prima il mio reparto, i suoi aspetti tattici».
Prima tecnico assistente al Metalurh Zaporizhzhia e dal 2011 al 2019 allo Zorya Lugansk, quindi in Bielorussia allo Shakhtyor Soligorsk, dove ha vinto un titolo. Allo Sheriff dal dicembre 2020. Quali i suoi modelli?
«Dopo i primi anni ho studiato calcio aggressivo, d’attacco, la costruzione dal basso, per me Wenger è stato d’esempio, mi piaceva molto il suo Arsenal. Quindi sono passato ad analizzare due riferimenti diversi ma i migliori al mondo, Pep Guardiola e José Mourinho, che ha avuto un periodo top dal Porto all’Inter pur con un calcio diverso. Ora mi piace il giovanissimo Nagelsmann del Bayern, fa cose incredibili, un 3° e un 2° posto col Lipsia, ora in Baviera e ha solo 34 anni. E, pur se sono più vecchio, in certe cose mi ispiro a lui».
Con lo Sheriff in totale finora vanta in 40 match, 32 vittorie e solo un k.o. Teme l’Inter?
«L’entusiasmo per il dopo Madrid può giocare brutti scherzi, temo la troppa attenzione mediatica. Meglio rimanere nell’ombra. A Milano e al ritorno sarà dura, l’Inter gioca diversamente da Real e Shakhtar. Hanno un modulo nuovo per noi, a 3 dietro e a 5 in mezzo. Spero che i miei ragazzi siano consapevoli delle nuove difficoltà e rimangano concentrati. L’attacco dei milanesi è fenomenale, fra Dzeko, Lautaro e Correa sarà durissima, fanno male. E non sottovaluto certo gli altri reparti, fra centrocampisti esperti e di talento come Calhanoglu o Barella. E in difesa Skriniar mi piace perché vince sempre i contrasti aerei. L’Inter poi è molto pericolosa sui calci piazzati».
Voi come pensate di reagire?
«Proveremo a fare il nostro calcio, so bene però che l’Inter ha un altro valore di giocatori rispetto al nostro. Ovvio, non rinunceremo a giocare, a impostare, ad attaccare quando possibile. Sono sicuro che loro presseranno alti, non ci faranno respirare, dovremo essere bravi in contropiede. So poi che quel che studiamo a tavolino è una cosa, ciò che succederà, vedremo… E sono consapevole che il possesso palla sarà dominato dall’Inter, bisognerà aspettare. Perché ogni squadra ha il suo tallone d’Achille, noi dovremo scoprire quello dell’Inter. Dove colpire e far male».
La vittoria a Madrid dimostra che la Superlega è sbagliata?
«È un’idea stupida, non la posso accettare. Il calcio è di tutti, di chi merita. La Superlega privilegia club già ricchissimi, capisco gli interessi, ma è l’opposto dei valori dello sport, di cui noi siamo stati la dimostrazione. Va dato il giusto premio a chi lo merita. Il calcio non è solo élite»
Come si gestisce un gruppo con così tanti stranieri?
«Non facile, ragazzi di oltre 15 nazionalità, abitudini diverse, sia alimentari che di vita e allenamento, culture e religioni lontane. L’obiettivo è cercare di unirli, uso più interpreti, ci vuole più pazienza. Alla fine però la lingua del calcio è universale».