L’inchiesta sulle scommesse. Fagioli, la forza di una madre: «La verità? Siamo tutti vittime. Verrà il momento di raccontarlo»”

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul caso scommesse e riporta le parole della madre di Fagioli.

Il processo che davvero la spaventa è quello di chi non sa ma giudica. «La verità è che in questa vicenda siamo tutti vittime. Verrà il momento di raccontare», dice Laura, madre di Nicolò Fagioli. È stata lei a capire che c’era un problema, e a bloccare i conti del figlio. È stata lei, un anno fa, ad accompagnarlo in quel percorso di aiuto fatto di ascolto e supporto psicologico presso un’associazione che segue i ludopatici. È stata lei a capire che Nicolò sarebbe potuto uscire dall’incubo del gioco, dei debiti, delle minacce. Ora cerca di vivere la vita di sempre, per quanto possibile. Coordinatrice nella formazione aziendale. Il suo ufficio dista 175 chilometri dai campi della Continassa a Torino, dove Fagioli si allena ogni giorno come se dovesse scendere in campo per la prossima partita. La realtà, a cui tanto il giocatore quanto la sua famiglia devono abituarsi, è diversa.

La sua squalifica (12 mesi, di cui 5 commutati in prescrizioni alternative) decorre da ieri e scadrà il 19 maggio: teoricamente Fagioli potrebbe giocare l’ultima di A contro il Monza. Andrà peggio a Sandro Tonali, che in attesa del patteggiamento può giocare nel Newcastle ma va incontro a uno stop più lungo. Fagioli, entrato nelle giovanili della Juventus a 15 anni, dovrà mettere in guardia i ragazzini sui rischi del gioco, da cui è dipendente da almeno tre anni, quando durante il ritiro della Nazionale U21 scoprì le app illegali con cui scommettere senza essere tracciati. La Juventus ha deciso di non lasciarlo, per curare le sue fragilità e fare in modo che al momento del ritorno in campo sia pronto. E continuerà a versargli per intero lo stipendio, definito al momento del rinnovo di contratto nell’agosto del 2022. «Siamo fermamente convinti che Nicolò, con l’appoggio della società, dei compagni di squadra, dei familiari e dei professionisti che lo assistono, affronterà con grande senso di responsabilità il percorso terapeutico e formativo e, una volta scontata la squalifica, potrà tornare a competere con la dovuta serenità», scrive in una nota il club, che ha affiancato al giocatore il dottor Paolo Jarre e che al ruolo dello psicologo come supporto per i calciatori crede da tempo. Fu Beppe Marotta, quando era amministratore delegato bianconero, ad arruolare lo psicoterapeuta Giuseppe Vercelli, importante al punto da sedere sulla seconda panchina durante le partite della prima squadra.

Quando sarà lontano dalla Continassa, Fagioli dovrà fare affidamento su se stesso, sui pochi amici stretti, sulla fidanzata Giulia, su papà Marco e soprattutto su Laura. «A una madre così bisogna solo dire brava. In oltre vent’anni di esperienza nella cura delle ludopatie abbiamo imparato che solo i famigliari hanno un ruolo veramente salvifico per i giocatori patologici», dice l’avvocata Sara De Micco, vicepresidente dell’associazione And, Azzardo e nuove dipendenze, che in tutta Italia dal 2007 ha seguito oltre 8 mila persone con problemi di gioco. Da un punto di vista molto diverso, usa parole simili anche Lorenzo Pancini, 60 anni, operaio in un forno industriale, uno degli allenatori di Nicolò ai tempi dei pulcini del Piacenza: «Chi butta la croce addosso alle famiglie non conosce la vita di un giovane avviato al professionismo. Molto presto i ragazzi cominciano a stare fra hotel e convitti. La madre di Nicolò è sempre stata presente. Anche quando lui era già grande, li vedevo insieme al campo da tennis. E insieme sapranno rialzarsi».