L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” riporta le parole di Danilo Li Muli, ideatore e produttore del nuovo logo del Palermo. Ecco le sue parole in merito allo stemma rosanero: «È un logo che vuole creare un ponte tra passato e futuro, legato alla forma iniziale e alla storia gloriosa del Palermo, ma in modo semplice e stilizzato, per tornare a farlo volare. Radici e ali, appunto. Il concept di base è proprio l’unione tra elementi come la P di Palermo, l’aquila e il lettering molto semplice, pulito e contemporaneo. Non posso anticipare come sarà inserito nella maglia, ma di base abbiamo tolto lo scudetto. Anzi, posso dire che questa parola è stata completamente abolita. Ci saranno nuove tecniche applicative, ma abbiamo voluto evitare la forma a scudo proprio per ringiovanire il modo di vedere il logo di una squadra di calcio. L’idea è quella di renderlo più eclettico per il merchandising anche a livello internazionale e per l’abbigliamento, non solo sportivo. Di base deve diventare un logo che possa accompagnare l’immagine della squadra e della città». Ci saranno delle variabili a seconda della maglia? «Ci saranno altre forme, questo è certo. C’è un manuale applicativo del logo che verrà presentato in conferenza stampa e il logo stesso vivrà con più soluzioni. Quella ufficiale è quella presentata, ma potrà presentarsi in tante applicazioni». La mano che ha prodotto il marchio è la sua, ma chi ha lavorato con lei? «Io sono il designer in prima persona, ma la squadra è composta dai collaboratori della mia azienda, Gomez&Mortisia. In più hanno lavorato al progetto Pillo Esposito di Immedia e Lorenzo Barbera, che mi ha dato una mano sulla ricerca di marketing, oltre a Gaetano Lombardo e Dario Mirri, che ha partecipato in prima persona. È stato molto coinvolgente e coinvolto nella scelta del logo. È chiaro che il conosciuto dia maggiore sicurezza e tranquillità, l’ignoto invece porta a doversi abituare. Mi aspettavo anzi una reazione più dura, invece il fatto che buona parte del pubblico abbia gradito questa novità è piacevole. È una dimostrazione anche di maturità verso certe cose, inoltre c’è un gruppo felice dietro». Insomma, questione di abituarsi… «Ma sì, anche il logo della Juventus all’inizio sembrava essere stato bocciato, adesso guai a chi glielo tocca. È un concetto completamente diverso ed è un nuovo modo di vedere un marchio, non per forza collegato al calcio. Se si mette accanto agli altri, tutti sembrano più vecchi. Nella logica estetica che fa un designer, tutto deve portare all’innovazione e in questo caso anche alla semplicità di unire tre elementi: l’aquila, la P e il rosa. Abbiamo fatto una fusione di questi elementi dando il senso di contemporaneità».