L’ex rosa Kurtic re di Grecia: «Io dalla fabbrica al calcio. Così trascino il Paok»
L’ex rosanero Jasmin Kurtic sta facendo favile in Grecia con la maglia del Paok. Lo sloveno ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di “Cronache di Spogliatoio”.
Ecco le sue parole:
L’avevamo lasciato in lacrime sul prato di Cagliari, incazzato e incredulo, dopo che il suo Parma aveva buttato l’ultima chance salvezza in tre minuti, da 2-3 a 4-3. «Non volevo andare negli spogliatoi. Non ce la facevo». Così Jasmin Kurtic si siede a terra, occhi umidi e sguardo nel vuoto. Gli si avvicina Joao Pedro, hanno giocato insieme a Palermo da ragazzini. I due si somigliano, parlano poco, sono introversi, ma a volte basta esserci: «Con un filo gli voce gli chiesi se fosse possibile una roba così. Perché a noi, perché al Parma, perché in quel modo. Era destino, allora. E lui mi consolò. Un gesto da amico, non l’ho dimenticato». Oggi Jasmin è il capocannoniere del Paok Salonicco, 13 gol in 16 partite in Grecia.
Quando glielo fai notare non si scompone: «Il segreto è il lavoro, stop. Solo questo. Nessun volo pindarico, nessun merito particolare. Conta solo la squadra». Il Paok è secondo a 37 punti e l’Olympiacos vola a +9, ma hanno il miglior attacco e arrivano da sei vittorie di fila, dove Jasmin ha segnato 9 gol. Il mister è Razvan Lucescu, figlio di Mircea. In greco si dice ‘thysía’. ‘Sacrificio’. Il credo di Kurtic: «Di greco non capisco una parola, ma il concetto è quello. Ho fiducia in ciò che faccio. Avevo qualche proposta dall’Italia, non era facile lasciare dopo dieci anni. Qui c’è una passione infinita, i tifosi sono enormi e ti spingono a vincere. Ho 33 anni, vivo al mare, quando tira vento fa freddo, ma Salonicco mi ricorda Napoli. Anche per come la gente vive il calcio». Sui social lo chiamano «the artist», l’artista. Colpa di una punizione alla Del Piero finita in rete. «Appena fai una cosa fatta bene spunta qualche soprannome. Io non ci penso, lavoro». Austerità al potere.
Jasmin è uno che si è guadagnato tutto. Sloveno di Crnomelj, quindicimila abitanti, più vicino a Zagabria che a Lubiana, a 18 anni lavorava in fabbrica: «Mi alzavo alle 5 e mezza, stavo lì fino alle 14, poi pranzo al volo e via agli allenamenti. L’ho fatto per qualche anno, non pensavo che sarei diventato calciatore. Avevo un contratto a tempo indeterminato e giochicchiavo al Bela Krajina, la squadra del mio Paese, pensavo fosse quella la mia vita. Il mio destino». Ogni sera, però, Jasmin dà uno sguardo al poster di Gerrard in camera sua. Mette in ordine le decine di magliette di calcio nell’armadio e sogna, pensa, immagina: «Andiamo a giocare un torneo in Austria, c’erano decine di squadre e osservatori. Vinco il premio di miglior giocatore, così mi si avvicina un agente. ‘Ho un po’ di giri in Europa’, dice. ‘Tu lo vuoi fare il calciatore?».
Risposta scontata. «Ho il fuoco dentro, sono pronto a mollare tutto e a seguirlo ovunque, mi bastava una chance. Torno a casa e aspetto una chiamata. Nel frattempo lavoro ovviamente, non potevo lasciar perdere. Passa un mese e non si fa sentire, così inizio a scrivergli io per sapere novità. Dopo altri sei mesi non arrivano notizie e resto deluso, non volevo più saperne, finché l’allenatore del Bela mi dice che forse ha una squadra per me, il Nuova Gorizia». Stavolta Jasmin molla tutto per davvero: «Andai in macchina da solo. Dopo due mesi lì mi chiama il Palermo. All’inizio pensavo fosse uno scherzo, dissi al mio agente di non prendermi in giro, ma era tutto vero. Ricordo il viaggio in macchina da Crnomelj a Gorizia, tre ore buone, in cui mi è passata davanti tutta la vita. Sì, ce l’avevo fatta. E ancora oggi mi vengono i brividi». Sacrifici ripagati.
Jasmin arriva in Italia a 22 anni, gennaio 2011. Un Palermo di talenti: «Miccoli, Pastore, Balzaretti, il amico Ilicic. Un fenomeno. Lui è così, se becca la giornata giusta vince da solo. Il primo anno gioco poco, poi vado in prestito a Varese e torno nel 2012-13, la stagione della retrocessione. Ricordo Dybala però, altro ingiocabile. In allenamento si divertiva con pallonetti, tunnel, giocate di suola. In ritiro io e Josip eravamo seduti vicino in panchina, amichevole di inizio stagione, Paulo segna un gol assurdo e ci guardiamo in faccia stupiti: ‘Vabbè dai, ma questo è di un altro pianeta». Flash su Zamparini poi: «Dopo aver preso 7 gol dall’Udinese in casa trovammo il centro sportivo pieno di fazzoletti bianchi con scritto il risultato. Ne aveva lasciato uno per ciascuno di noi, appeso all’armadietto nello spogliatoio. Fu una sconfitta devastante».