L’altro Lewandowski: «A Messina per volare alto»
L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” ha riportato un’intervista al calciatore dell’Acr Messina Michal Lewandowski. Quello meno famoso, che di mestiere protegge la porta e non la guarda con gli occhi famelici del cannibale d’area di rigore.
Numero 1 giallorosso, che ai tempi del Teramo, all’ennesima volta in cui gli è stato chiesto se fosse o meno parente di Robert, la superstar del Bayern Monaco, aveva risposto così: «Me lo chiedono tutti. Non mi infastidisce, anzi voglio diventare più famoso di lui».
Ambizioso, a dir poco… «In realtà quella risposta non è stata ben riportata. Volevo dire che mi piacerebbe fare una carriera di quel livello».
Il tempo, volendo, c’è: 25 anni per un portiere non sono tanti. «Lo scorso anno a Teramo ho fatto il mio primo campionato tutto intero. Solo 45 minuti di assenza. Lo considero l’inizio di tutto».
Un’annata ottima, consacrato tra i migliori portieri della C. «Il portiere titolare (Mattia Valentini, ndc ) si è infortunato all’inizio. Ho colto l’opportunità, guadagnandomi la fiducia e dimostrando quello che so fare».
Poi è arrivato il Messina. «Avevo varie offerte, non solo in Italia ma anche nel mio paese. Conoscevo il blasone della piazza e ho creduto nel progetto. Qui la gente mi ferma per strada, vive di calcio. Senti addosso la storia calcistica di questa città».
Per riportare questa gente in massa al San Filippo, però, servono (anche) i risultati. «Siamo in netta crescita. Abbiamo vissuto un inizio altalenante, prendevamo moltissimi gol. Domenica contro il Campobasso nel primo tempo siamo stati eccezionali, non abbiamo concesso nulla. Quando è arrivato mister Capuano, ha badato innanzitutto a questo aspetto. Il passaggio al 3-5-2 ci permette di coprire con maggiore ampiezza e abbiamo acquisito sicurezza e nuove certezze».
Anche lei, che ad un certo punto aveva collezionato qualche sbandata di troppo. «L’ultima partita l’avevo giocata il 9 maggio. Qui non abbiamo fatto amichevoli precampionato. E dopo il primo errore, a Pagani, forse ero condizionato mentalmente. Ma sapevo che con il lavoro ne sarei uscito».
In effetti, ora le sue prestazioni sono allineate alle promesse. «Se il gruppo cresce, per me è più facile mantenere un livello alto. È successo questo: il mister ha avviato il suo lavoro iniziando ad intervenire sui nostri difetti».
Come nasce l’amore per il suo ruolo? «Ho iniziato da difensore, ma sapevo di voler giocare in porta. Così dopo un po’, negli anni della scuola calcio allo Stal Mielec, la squadra della mia città, sono finito tra i pali. Già l’idea mi piaceva quando giocavo in giardino con papà, nonno e fratello».
Quel papà a cui si rivolge prima di ogni inizio, guardando il cielo, in ginocchio. «È morto 10 anni fa, a 43 anni. Gli chiedo sempre una mano».
Come molti suoi compagni, lei ha un contratto biennale. «Credo nel progetto. Messina è un trampolino, questo gruppo potrà fare benissimo. Fin dove? Arrivando anche ai playoff».
Talmente «italiano», ormai, Lewandowski, che quando si presenta usa la formula «piacere, Michele». «L’Italia è come se fosse la mia seconda casa, ormai». Prossima stazione Catanzaro: come la vede? «Difficile. Ci sarà da soffrire, ma potremmo regalare ai tifosi una bella sorpresa».