L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sul caso di Fabrizio Piscitelli.
Oltre due anni di attesa, di notizie diffuse e smentite, di dubbi. Ma adesso il caso di Fabrizio Piscitelli, lo storico capo ultrà della Lazio noto come Diabolik, ucciso a 53 anni in un agguato al Parco degli Acquedotti di Roma il 7 agosto 2019, è arrivato a una svolta. È stato arrestato l’argentino Raul Esteban Calderon, 51 anni, molti dei quali passati nella Capitale, accusato di omicidio aggravato dal metodo mafioso. Il fermo è arrivato al termine di lunghe e delicate indagini, coordinate dalla Dda di Roma con il procuratore Michele Prestipino e l’aggiunto Ilaria Calò.
Il decreto, eseguito dalla Squadra Mobile della Capitale, è stato emesso il 13 dicembre e convalidato dal gip con l’emissione della misura della custodia cautelare in carcere a Rebibbia, poiché «gravemente indiziato quale esecutore materiale dell’omicidio di Piscitelli», si legge nella nota della Procura. Rischia l’ergastolo. L’indagine è partita dagli elementi raccolti intorno alla panchina su cui Diabolik si era fermato in attesa di qualcuno, prima di essere colpito alla testa dalla calibro 9 del suo assassino vestito da runner. Una scena ripresa da una telecamera installata nella zona, rivelando «una chiara compatibilità tra il killer visibile nel filmato e il soggetto gravemente indiziato».
Ci sono state poi le intercettazioni, da cui sono stati acquisiti nuovi importanti elementi di riscontro sull’esecutore materiale dell’omicidio e anche alcune dichiarazioni di testimoni. Ma un ulteriore punto di svolta è stata la collaborazione tra la squadra mobile di Roma che indagava sull’omicidio Piscitelli e i carabinieri di Frascati, che lavoravano su quello dell’albanese Shehaj Selavdi, ucciso sulla spiaggia di Torvaianica il 20 settembre 2020. Calderon è infatti accusato di aver colpito entrambi, nel secondo caso con Enrico Bennato (già detenuto per altri reati). Il movente? Dietro a tutto sembra esserci ancora il controllo delle piazze di spaccio di Roma. I legami tra Piscitelli e la malavita albanese e con altri clan della criminalità organizzata appaiono in diverse inchieste (già dal Mondo di Mezzo) ed è noto che lui stesso si fosse fatto garante della “pax mafiosa” a Ostia.