L’edizione odierna de “La Stampa” si sofferma sullo scandalo che ha coinvolto Lucarelli junior.
Ha ragione Cristiano Lucarelli quando davanti alle gravissime accuse mosse nei confronti del figlio ricorda che «siamo ancora alle indagini preliminari» e invita a evitare un processo mediatico. Ma se è comprensibile la volontà del padre di professare l’innocenza del figlio, lo è meno la mancanza di empatia con quella che per i pm è la vittima che il branco ha attirato in «trappola», una ragazza forse ubriaca, di certo confusa e in stato di inferiorità fisica e psichica, che ha detto «no» e non è stata ascoltata.
Perché se una cosa emerge dagli atti è il linguaggio nauseante usato nei confronti della giovane americana, quello sì espressione di una cultura violenta e machista («qui parte lo stupro»), di un mondo in cui la donna è solo una bambola sessuale, un oggetto da riempire. Ecco perché in attesa di sentenza, questo almeno si sarebbe potuto chiedere: se non silenzio, poche parole per ricordare che (almeno) quel linguaggio osceno è lontanissimo dai valori che Lucarelli rivendica di aver trasmesso al figlio.