L’edizione odierna de “La Stampa” si sofferma sull’arresto di Matteo Messina Denaro scrivendo anche di una soffiata avvenuta nel 2021.
È il 19 novembre del 2021, i carabinieri della stazione di Campobello di Mazara, il paese di poco più di 11 mila abitanti in cui Matteo Messina Denaro ha trascorso, indisturbato, almeno gli ultimi due anni e mezzo di latitanza in più covi di cui ancora due scoperti dai carabinieri del Ros, redigono e depositano agli atti un’annotazione di servizio. Alla voce obiettivo lo catalogano sotto la voce “Criminalità organizzata”. Perché quel documento parla di mafia. In sintesi estrema c’è un informatore “noto agli uffici e di provata fede” (in gergo di caserma, credibile), ma rimasto anonimo negli atti trasmessi, che racconta che «Matteo Messina Denaro vive in zona. Non lo vogliono prendere! Qualcuno gli deve portare i vestiti e da mangiare. Dove pensate che sia se non qui? Non li avete visti quei due (fa i nomi) che fanno avanti e indietro da Torretta (Torretta Granitola comune del Trapanese, ndr)? C’è il vedovo della ginecologa e quello del bar». I carabinieri danno atto che quando parla di «lui» lo indica con il mignolo, il dito più scarno della mano.
«E agli scriventi – annotano i militari – è parso si riferisse a “U Siccu”, Matteo Messina Denaro». Dopo ulteriori accertamenti «si conferma che parlava di Matteo Messina Denaro». Un giallo o cos’altro? Di certo c’è che all’epoca dei fatti i carabinieri del Ros stavano già indaga do sui fedelissimi (che poi furono arrestati, in 35, nel settembre scorso) ma è anche vero che alla pista di Torretta ci era arrivato anche Report anni prima nel 2017 tornandoci nella puntata di ieri sera. E che comunque la fonte anonima, un anno e tre mesi fa, ha detto che Matteo Messina Denaro era già lì. Di più: «Ha sempre la stessa faccia ma è molto invecchiato. A Campobello è protetto, i giovani lo amano, il paese è malato». I ragazzi lo vedono come un idolo anche se adesso dicono tutti di non averlo mai riconosciuto. Passano con i motorini e fotografano i giornalisti appostati sotto il covo di via San Vito, ex via Cb 31/7.
Alle pompe di benzina, ai bar, nei supermercati, nei negozi in cui pure dalle indagini – adesso si sa – è entrato eccome, nessuno lo ha riconosciuto, qualcuno precisa: «Non è mai entrato». Ma l’ordinanza di custodia cautelare che ieri ha portato in carcere il suo prestanome Andrea Bonafede racconta come il boss andasse anche a fare la spesa per conto suo. Molti sapevano dei legami di Messina Denaro soprattutto con incensurati. Che è poi la spina dorsale del coraggioso libro-inchiesta pubblicato a novembre 2021 da Marco Bova, scrittore che di quell’informativa è venuto in possesso poco dopo l’uscita del suo libro: “Matteo Messina Denaro latitante di Stato”. Dove parla di coperture a tutti i livelli, di incensurati che hanno accompagnato la lunga latitanza del boss: «E oggi – dice – scopriamo che era esattamente così. Perché Bonafede e altri non avevano precedenti penali, ma noi abbiamo continuato a vedere arrestati sempre gli stessi nomi, cioè i brutti e i cattivi noti. A me pare evidente che c’è qualcosa che non torna». Al netto di questa visione, ci sono però da rilevare altre cose che valorizzano quest’annotazione. Ad esempio il fatto che l’uomo che aveva prestato l’identità all’ex latitante, Andrea Bonafede, 59 anni, ha lavorato (rivestendo anche il ruolo di socio di impresa) in un rinomato parco acquatico di Torretta Granitola. E che da questo piccolissimo centro abitato basta percorrere 11,9 km per giungere a Campobello seguendo la strada provinciale 51. Tempo necessario: 12 minuti netti.