L’edizione odierna de “La Repubblica” riporta le dichiarazioni di Bubacarr Marong, difensore centrale del Palermo. Marong, cos’è per lei il calcio? «È il mio tutto. Sono arrivato in Italia per giocare a calcio. Non so fare altro che giocare a calcio. Avevo sei anni quando ho iniziato in Gambia giocando per strada a Sanchaba». Qual è il primo ricordo che le viene in mente di quando era piccolo? «Stavamo delle ore a giocare. Partite infinite. Poi una volta degli osservatori mi hanno notato. Con il passare del tempo ho capito che se volevo pensare davvero al mio futuro sarei dovuto andare a giocare in Italia. Ho parlato con mia madre e le ho detto che per fare le cose seriamente sarei dovuto partire». Come è arrivato in Italia? «La strada per arrivare qui è molto difficile. Tutto parte in Libia (si rabbuia di colpo, ndr). Un mio compagno di squadra è morto in Libia, in quei campi succede di tutto. Penso sempre a lui. Il ricordo di quello che gli è successo mi torna sempre in mente. Io ho evitato il campo perché appena sono arrivato in Libia ho trovato subito un lavoro. Non avevo tutti i soldi che mi servivano per il viaggio e dovevo trovarli in fretta. Ho lavorato tre mesi in uno stabilimento della Pepsi. Spostavo casse piene di bottiglie per tutto il giorno ogni giorno, dalle 8 del mattino fino alle 7 di sera. Non pensavo ad altro se non a mettere insieme i soldi per partire. Il viaggio mi è costato 30 mila Dinar (19.400 euro circa, ndr)».