L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sulla storia di Ambrosini con il problema di salute del figlio.
“Siete un esempio per me e per i miei bimbi”, “Un abbraccio e tanta ammirazione per quello che stai facendo”, “Ci siamo passati anche noi, andiamo avanti tra giorni di montagne russe e altri di mare piatto”. Di fronte a un pressing come questo, ti chiedi: il Massimo Ambrosini del Milan, che fermava avversari in mezzo al campo e ripartiva, sarebbe stato in grado di reggerlo? Dettagli, oggi. Quel che è certo è che questo Ambrosini sì, ci riesce, sorride e si emoziona, travolto dall’affetto della gente. Del resto, il primo pallone l’ha calciato lui sui social: «Da sei mesi la mia vita e quella della mia famiglia sono state sconvolte dalla malattia di nostro figlio più piccolo. Ad Alessandro (terzogenito, ndr ) è stato diagnosticato il diabete di tipo 1, che è una malattia autoimmune, cronica e degenerativa e che, anche se non si vede, può avere delle conseguenze gravissime». Tutti con Ambro: migliaia di messaggi di solidarietà, migliaia di euro raccolti in poche ore per la Fondazione italiana diabete.
Massimo, ci ha messo la faccia, da capitano. «Esistono malattie senza cura, come il diabete di tipo 1, per le quali tutte le speranze passano dalla ricerca. È importante che la gente lo sappia, sentivo che esporsi in prima persona avrebbe potuto trasferire il messaggio».
Sta funzionando… «Permettetemi di ringraziare tutte le persone che hanno avuto un pensiero per me, per Ale e per la mia famiglia. In queste ore sono state davvero tantissime, anche dal mondo dello sport è arrivata massima disponibilità a dare una mano. Vorrei girare il loro affetto a chi come noi è costretto a fronteggiare questa situazione, siamo in 200mila fra adulti e bambini».
Come avete scoperto della malattia di Alessandro? «Beveva tanto, mangiava tanto, andava spesso in bagno e perdeva peso. Piccoli segnali che all’inizio fatichi a riconoscere, specialmente in un bimbo di due anni e qualche mese».
La diagnosi è stata tempestiva? «Sì, ma soprattutto certa e inequivocabile: in un minuto ti rendi conto che la tua vita e la sua sono state sconvolte. In pochi giorni ti accorgi di avere letteralmente in mano la vita di tuo figlio. E sai che quando crescerà, la palla passerà a lui. Ogni tanto penso al momento in cui ci farà delle domande: io e mia moglie Paola sappiamo che succederà, dovremo essere pronti a rispondere».