L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” riporta un’intervista a Totò Schillaci in merito alla sfida di oggi tra Italia e Macedonia nella sua Palermo.
Quasi trentadue anni, ma sembra ieri. Estate 1990, le strade ricoperte di bandiere e un Paese intero incollato alla televisione. Tra i dribbling di Baggio e le parate di Zenga, il sogno di un Mondiale azzurro veniva alimentato dalle prodezze dell’eroe inatteso: Totò Schillaci. Ed è dalla sua Palermo che l’Italia spera di aprire una nuova stagione di notti magiche: «C’è un’atmosfera incredibile: ci sarà il tutto esaurito, i palermitani meritano di vivere giornate di festa così — racconta Schillaci —. I tifosi daranno un supporto importante alla squadra, ma poi spetta ai giocatori. Sono felice che la federazione abbia scelto la Sicilia: qui si vive di passione, a Palermo come Catania e come in tutta la nostra isola».
Dal trionfo alla paura, dal tetto d’Europa al rischio di non andare al Mondiale.
«Non avrei scommesso una lira in estate sulla vittoria dell’Europeo, ma l’Italia è questa: quando si trova nelle difficoltà, tira fuori l’orgoglio. Sono stati tutti bravi: Mancini ha formato un gruppo fantastico, ha puntato su molti giocatori su cui magari qualcuno non era convinto. Alla fine, ha avuto ragione lui: ha vinto».
E rieccoci nelle difficoltà: non si può più sbagliare.
«Nessuno si sarebbe aspettato di vedere l’Italia costretta agli spareggi, in molti già ci vedevano già in Qatar. A volte le cose più semplici diventano quelle più complesse. C’è da combattere e soffrire per arrivare ai Mondiali: non sarà facile, ma non lo sarà neanche per le nostre avversarie. C’è speranza e convinzione, anche perché fallire la qualificazione per il secondo mondiale consecutivo sarebbe un disastro. Ma questo gruppo saprà tirar fuori gli attributi fondamentali per centrare l’obiettivo, anche se una eventuale finale da giocare in Turchia o in Portogallo mette la strada in salita. È dura, c’è equilibrio. E nelle sfide da dentro o fuori può succedere di tutto».
Come ha fatto l’Italia a trovarsi in questa situazione?
«Ce la siamo incasinata noi, avevamo le carte per arrivare diretti al Mondiale. E invece, come dicevo prima, le cose facile poi possono diventare complicate se non si affrontano con la testa giusta. Forse nelle sfide decisive alcuni giocatori non erano al top…».
Jorginho è passato da faro ai due rigori falliti con la Svizzera.
«Appunto. Diciamo che all’Europeo siamo stati un po’ fortunati, poi però è arrivato il conto salatissimo nelle qualificazioni mondiali, dove la sfortuna ci ha messo del suo. Un rigore si può sbagliare, per carità. Ma addirittura due, sempre contro la Svizzera e in due gare diverse, dove bastava vincerne una per essere al Mondiale, ora siamo in bilico, un piede dentro e uno fuori…».
Per la svolta, bisogna ritrovare i gol degli attaccanti.
«Immobile mi ricorda tanto Mancini: anche Roberto in A era tra i migliori ogni stagione, poi però in Nazionale non riusciva a essere decisivo come quando indossava la maglia della Samp. Immobile in Italia ha dimostrato di essere un giocatore che fa la differenza, un fuoriclasse del nostro campionato, in Nazionale ancora no. Ma credo sia solo una questione di testa, deve scattare “la molla” per cominciare a segnare con continuità. Dipende da lui, forse paga ancora lo scotto di quel fallimento con la Svezia: lì tutti pensavamo che Immobile ci portasse al Mondiale e quella pressione l’ha tradito quella volta e sicuramente la avvertirà in ogni gara con l’Italia: la maglia azzurra pesa, la pressione di tifosi e stampa è diversa da quella nei club».
Mancini, prima dell’Europeo, disse che Raspadori poteva essere il suo Schillaci.
«La mia avventura calcistica è stata una cosa pazzesca, imprevedibile e inimmaginabile. Nella vita di un attaccante ci sono momenti in cui capisci che la ruota sta girando e devi cercare di sfruttare ogni occasione. Oggi purtroppo in Italia ci sono pochissimi attaccanti, poche alternative. Se andiamo a vedere il nostro campionato, i top club sono pieni di giocatori stranieri. Il calcio è cambiato, ora si gioca pure senza attaccanti veri. Il centravanti d’area di rigore, il 9 di un tempo, non esiste più. Ora gli attaccanti difendono, pressano, costruiscono e a volte non entrano nemmeno in area. Io mi auguro che giovani di grande prospettiva come Raspadori e Scamacca riescano a giocare sempre con continuità per imporsi a grandi livelli».
E poi c’è Insigne, il dj dell’estate, l’uomo che metteva “notti magiche” nello spogliatoio.
«Che emozione risentire quella canzone per le partite dell’Italia. Lorenzo non sta vivendo un periodo semplice, ha fatto una scelta di vita e andrà a giocare a Toronto. Ma resta un grande professionista, fino alla fine darà sempre il massimo. E ha la qualità che serve alla Nazionale. Dobbiamo crederci, non può esistere un altro Mondiale senza Italia». Servono due notti magiche, allora. Per far brillare ancora gli occhi di Schillaci e di milioni di tifosi.