L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sulla disfatta dell’Italia esclusa dal Mondiale per la seconda volta di fila.
Non tutto è da buttare, ovviamente. E soprattutto non tutto si può buttare: per quello che offre il convento non possiamo permetterci rivoluzioni, semmai aggiustamenti. Ma quelli ci saranno, e dipenderanno ovviamente dal c.t. che si accomoderà (poco…) in panchina per lavorare sulle ceneri di questo incendio che ha devastato il palazzo europeo edificato da poco. C’è una base, non particolarmente giovane, semmai avviata all’età della maturità calcistica, su cui lavorare: Chiesa e Spinazzola (sperando che torni lui) non possono non considerarsi i nostri punti di ripartenza, ma c’è anche un buon numero di laureati a Wembley con cui cercare continuità: quella che può garantire di salvaguardare l’unico patrimonio rimasto, quello di un gioco moderno, europeo, coraggioso.
L’abbiamo un po’ smarrito negli ultimi mesi, non può essersi volatilizzato per sempre. Qualcuno lascerà il gruppo “storico”: non tanti, e forse neanche loro malgrado. Inevitabile: un ricambio richiede anche scelte non drastiche, ma nette. Che potrebbero riguardare anche alcuni dei giocatori che abbiamo inserito nel gruppo dei “sotto esame”: dipenderà da quanto profonda vorrà essere la ristrutturazione di chi si occuperà di cambiare volto, per quanto possibile, alla Nazionale. Difficile che l’Italia muti radicalmente faccia già a giugno, ma è probabile che a settembre si cerchi un’inversione più marcata. E il fatto di lasciare aperte più porte di quelle che il c.t. ultimamente ha soltanto socchiuso può far entrare aria buona, piuttosto che spifferi.