Italia a Palermo, Spogliatoi insozzati, un’altra vergogna dopo l’eliminazione

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulle condizioni degli spogliatoi lasciati dall’Italia dopo la gara contro la Macedonia.

Non tutto è da buttare nel calcio italiano. Tante cose possono anche essere lasciate comodamente cadere al suolo: vassoi di cartone, scatoloni, bottigliette vuote, posate di plastica, bucce di banana che hanno pure un tocco di simbolico nella sera dei miracoli al contrario e della Macedonia del Nord. Ecco, macedonia a occhio sembra di no, ma chiazze di cibo masticato negli spogliatoi dello stadio di Palermo quante ne volete. Insieme con sacchetti, fascette, fazzoletti usati, tubetti strizzati, macchie paglierine sperabilmente di bagnoschiuma. Rovine soft dopo il passaggio dei giocatori della Nazionale. Nel corridoio, nella sala di preparazione, nei bagni e nelle docce. Deboli tracce di rabbia non repressa, presunzione frustrata e maleducazione. Passerà qualcuno a pulire. Penserà qualcuno a rimettere insieme i pezzi dell’orgoglio azzurro sbriciolato dalla Svizzera e da Aleksandar Trajkovski, centrocampista tiratore al lavoro nel campionato arabo. Dopo il fischio finale, non è cosa che ci riguardi.

Ovviamente non è l’inferno in terra, nel senso di pavimento. Al massimo una scenografia da film espressionista. E non è una tragedia, neppure sportiva. Ma niente alibi, per favore. Erano furibondi per l’estromissione dal Mondiale. Sicuro, ma lo erano anche i giocatori giapponesi a Rostov il 2 luglio del 2018: ottavi di finale, due a zero sul Belgio, rimonta concessa e una mannaia di terzo gol che ti cade addosso al quarto minuto di recupero. I giapponesi, mangiandosi il fegato, rientrano negli spogliatoi, si calmano, si cambiano e puliscono. Lasciano tutto sgombro e candido e scrivono “Grazie” prima di togliere l’incomodo. Non fatene una questione etnica, anche se la struttura culturale c’entra.

Si sono comportati così anche altri. Per dire: la Leonessa Erchie dopo aver preso sei gol ad Alberobello in prima categoria pugliese, la Virtus Verona dopo aver vinto a Rimini in Serie C. Cortesie da parte degli ospiti: si usa da est a ovest, da nord a sud, dall’élite ai dilettanti. Attenuante: nello spogliatoio di Palermo c’era un solo bidone della spazzatura, rapidamente riempito. Il che ovviamente non giustifica la devastazione igienica dello spazio comune. Non arriveremo a dire che ben ci sta restarcene fuori del Mondiale. Non è arrivato a tanto, se non in un colpo di reni di fine ironia, neppure Fabrizio Roncone ieri sul Corriere della Sera. Parlando del Renzo Barbera, sede designata per ospitare il giorno più lungo del nostro calcio: «Uno stadio preistorico per gli standard europei, pietrificati ai Mondiali di Italia ’90 (come, del resto, molti altri impianti). E quindi fatiscente. Con mura marce. Pozzanghere di melma giallastra. Balaustre rugginose. Gradoni insicuri. Fili elettrici penzolanti. Bagni infetti. (…) Mancini e Gravina vengono condotti in una stanza che dovrebbe essere la sala stampa: pareti con la carta strappata, tanfo di chiuso, neon ingrigiti, (…) bottigliette rovesciate, sedie sbilenche come nemmeno in una sala giochi di Bogotà».

Un ritratto dell’impianto da anziano che ha innescato la replica irritata del Palermo: «Disappunto di fronte a una testimonianza del tutto parziale e faziosa. (…) Nessuna défaillance organizzativa. (…) Spogliatoi completamente rinnovati per l’occasione; manto erboso al di sopra degli standard; area sky box realizzata per l’occasione; nuovi schermi led giganti di ultima generazione; la condotta ineccepibile di un pubblico caloroso e rispettoso». Eppure, anche nell’arringa difensiva, il punto centrale non viene scalfito: «Ferma restando la fotografia oggettiva di un impianto che per oltre trent’anni ha goduto di poche o nessuna reale opera o rinnovamento strutturale, portando con sé gli inevitabili segni del tempo». E allora bisogna ammetterlo. Siamo rimasti tutti alle notti magiche, quelle del 1990. Gli uomini come gli impianti. La cultura sportiva come quella tecnica. L’educazione come il rispetto per quelli che vengono dopo. E passano a pulire. Le cicche di sigarette che si sfaldavano dentro il velo d’acqua nei lavandini dello spogliatoio del Barbera, effettivamente ristrutturato e tirato a specchio fino al passaggio dei cavalieri sporcaccioni, stanno lì come a mostrare che nel nostro calcio tutto svanisce in uno sbuffo di fumo. Basta voltare le spalle alla spazzatura e dimenticare di essere stati lì.

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Redazione Ilovepalermocalcio