«Io, 50mila euro persi nel poker. E vi svelo il lato oscuro del calcio: partite truccate, presidenti coinvolti e calciatori schiacciati dai debiti»

Un fiume in piena, ma nell’ombra. L’intervista rilasciata da un ex calciatore rimasto anonimo ai microfoni de Il Giorno apre uno squarcio inquietante sul sistema delle scommesse clandestine e della ludopatia nel mondo del calcio. Un racconto che parte da esperienze personali e si allarga a quello che viene descritto come un sistema marcio, fatto di silenzi, complicità e abitudini radicate.
«Il calcioscommesse? Le partite aggiustate? La ludopatia? Non c’è da stupirsi – esordisce l’ex tesserato – è da sempre che in campo funziona così, e i primi colpevoli sono certi personaggi ai vertici del sistema. Presidenti compresi… Poi c’è l’irresponsabilità e la leggerezza dei giocatori. Io per primo. Mi spiace però che ragazzi giovani e nel giro della Nazionale ci siano finiti dentro».
Il quadro che emerge è preoccupante. Secondo la fonte, fino a pochi anni fa, l’80% di calciatori e dirigenti scommetteva, spesso tramite prestanome. «Ho visto cose assurde – racconta – durante serate di poker bastava un clic per puntare diecimila euro. Un ex calciatore molto noto giocava con noi, scommetteva compulsivamente. Una volta puntò sul 3-3… e quella partita finì davvero 3-3».
Il racconto si sposta poi su un piano ancora più ampio, con riferimenti a inchieste passate e contesti internazionali. «Negli anni sono emerse decine di partite truccate in Europa. In paesi poveri come Romania, Grecia o Bulgaria è più facile corrompere giocatori e arbitri, che magari guadagnano mille o duemila euro al mese. Ma anche in campionati importanti come quello tedesco o inglese succedeva. Ricordo che una squadra di Premier, molto blasonata, perse malamente in casa contro una piccola: si diceva che servissero soldi e che la società avesse “sistemato” il risultato».
L’aneddoto più eclatante, però, è legato a un presidente di club italiano. «Pochi anni fa – rivela l’ex calciatore – un presidente si comprò dieci partite per salvarsi: le pagò 200mila euro ciascuna, spese due milioni in tutto. Ma scommetteva anche, e si mise in tasca qualcosa come tre o quattro milioni. Nessuno fece nulla, anche se molti sapevano».
Il focus poi si sposta sulla Serie C, definita «allo sbando»: «Ci sono presidenti che non pagano stipendi da cinque o sei mesi. E quando un calciatore guadagna 3-4 mila euro al mese, dove li trova i soldi per vivere e pagare l’affitto? Finisce per “aggiustare” le partite. Lo fanno in tanti. I presidenti si lavano le mani e negli spogliatoi dicono: fate come volete».