L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma sulla vicenda legata al giudice Vincenti.
Nessuna fuga di notizie nell’inchiesta su Maurizio Zamparini per i falsi nei bilanci sul Palermo calcio. Archiviata a Caltanissetta l’indagine a carico del presidente dei Gip della città, Cesare Vincenti, e di suo figlio Andrea. Finisce un incubo durato quattro anni per la famiglia del magistrato che è scomparso tragicamente, togliendosi la vita a fine 2019. Il Gip del tribunale nisseno, Graziella Luparello, ha disposto l’archiviazione su richiesta dei pm Claudia Pasciuti e Davide Spina. L’archiviazione della posizione di Vincenti jr è stata proposta anche con riferimento al secondo filone di indagine, che riguardava l’acquisto di un appartamento in città.
L’inchiesta partì nel 2018 con l’intercettazione di una chiamata: «Carissimo avvocato, eccomi qua». Era Zamparini che parlava. L’ex presidente del club rosanero era già indagato e i finanzieri del Nucleo speciale di polizia economico-finanziaria tenevano sotto controllo le sue utenze. La chiamata diede il via all’indagine per rivelazioni di segreto d’ufficio e corruzione. L’indagine riguardava la fuga di notizie che nel 2018 consentì a Maurizio Zamparini, all’epoca azionista di maggioranza del Palermo, di evitare la misura cautelare chiesta dalla Procura palermitana, che lo indagava per falso in bilancio e autoriciclaggio. Il vecchio Palermo fu poi dichiarato fallito dal tribunale e sulle ceneri di quella società nacque il nuovo corso rosanero del presidente Mirri, che nulla ha a che fare con le vecchie vicende societarie.
Secondo l’ipotesi investigativa dei pm nisseni, ai quali il fascicolo fu trasmesso per competenza dalla Procura allora diretto da Francesco Lo Voi, Cesare Vincenti avrebbe fatto sapere (non direttamente ma attraverso una terza persona) a Zamparini che era pendente nei suoi confronti una richiesta di arresti domiciliari. Informazione preziosa, perché – secondo la ricostruzione dei pm – avrebbe consentito al patron della squadra (anche lui scomparso di recente) di dimettersi, facendo venire meno le esigenze cautelari. «Non avevo dubbi che sarebbe stata fatta chiarezza sulla correttezza della nostra condotta – dice Andrea Vincenti -. C’era soltanto da aspettare questo provvedimento, che in realtà si è fatto attendere. La cosa che mi rattrista molto è che un collega di papà possa avere detto deliberatamente una cosa non vera».