L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma su Gondo dell’Ascoli, riportando alcune sue parole.
Cedric Gondo, Ascoli la piazza giusta per mettere radici? «Sì, penso che ci sia tutto per fare bene: squadra, ambiente, città. Mi sono trovato subito bene in questa società».
Quando segna si sente un po’ gondoliere. Un omaggio a Venezia, la città dove vive con la sua compagna Chiara De Napoli, lagunare di Mestre? «Diciamo che da piccolo mi chiamavano “gondola” per via del mio cognome. Poi Chiara ha fatto il resto».
Deve ringraziare, però, Lotito che l’ha portata alla Lazio e poi ha regalato il suo cartellino alla Salernitana complice il direttore Fabiani. Un’esperienza indelebile quella in granata con il debutto in A. Cosa non ha funzionato, poi? «Il direttore Fabiani mi ha incoraggiato moltissimo. Avevo chiesto di andare via, lui mi convinse a restare. Poi è finito un ciclo e hanno voluto cambiare. Mi è dispiaciuto non restare in una società che mi ha dato tanto. Devo molto a Salerno e alla sua gente che porto nel cuore».
Col presidente Pulcinelli, invece, come è stato l’approccio? «Una persona speciale, dal punto di vista umano è difficile trovare nel calcio uomini così. C’è stato subito feeling tra di noi e con l’ambiente».
Intanto ha già a segnato 4 gol in 3 giornate di e la prima tripletta in carriera. Un segno del destino? «Ho la voglia giusta e la squadra mi assiste tantissimo. Non è facile dopo tre settimane di lavoro fare subito bene. Ma la B è lunga. E questi quattro gol sono già alle spalle: conterà il prossimo».
Qual è la vera qualità di Gondo? «Attaccare la profondità. Muovermi per creare spazi per gli altri».
L’obiettivo è tornare a giocare in A, magari con l’Ascoli? «Ne ho ancora tanti di sogni da realizzare. Per ora voglio solo crescere come calciatore e come persona. E dare una mano all’Ascoli. A Salerno e a Cremona è stato bellissimo conquistare la massima serie. Aiuta a farti maturare e a credere in te stesso. La voglia di vincere può farti perdere, però. Con Daniel (Ciofani, ndr) abbiamo capito che avremmo potuto farcela lo scorso anno alla Cremonese nonostante il batticuore finale quando la promozione non dipendeva più solo da noi. Ma ci abbiamo creduto sino alla fine. Ecco perché non bisogna mollare mai».
Ivoriano con cittadinanza italiana: pronto, eventualmente, a vestire anche la maglia dell’Italia se Mancini la chiama? «Ci ho pensato, ma il mio sogno è la nazionale ivoriana. Certo l’azzurro è un’icona nel mondo del calcio e sono riconoscente a questo Paese che è anche un po’ mio. Ma sono nato in Costa d’Avorio».