Come si legge su “Fanpage.it” dopo la trasmissione Report incentrata su Calciopoli, il magistrato, Pino Narducci, in una lettera molto dettagliata spedita alla redazione di Report confuta l’intero impianto della trasmissione e replica, punto su punto, alla narrazione dei fatti citando le sentenze irrevocabili che hanno sancito come il calcio italiano fosse condizionato da un’associazione per delinquere in grado di condizionare i risultati di alcuni incontri. “Frode sportiva”, è il termine utilizzato dal pubblico ministero che all’epoca si occupò dell’indagine assieme al collega Filippo Beatrice (morto nel 2018).
Il servizio “C’era una volta Calciopoli”, andato in onda lunedì 17 aprile nella trasmissione “Report”, evoca alcune vicende già trattate nel corso dei processi al termine dei quali – ma il servizio dimentica di dirlo – le sentenze irrevocabili hanno sancito che, nel calcio professionistico italiano, operava una associazione per delinquere (le tracce di questa attività risalgono al periodo 1999/2000) che aveva condizionato il campionato di serie A 2004/05 e che, contrariamente a quanto affermato testualmente dal conduttore della trasmissione (“…tuttavia, 17 anni dopo, è emerso che nessuna partita era stata condizionata”) durante quella stagione vennero alterati i risultati di alcuni incontri, cioè vennero commessi i reati di frode sportiva.
Insomma, un esito giudiziario concreto e molto significativo, ben diverso da quello delineato dal conduttore secondo il quale, alla fine, l’indagine avrebbe prodotto un evanescente risultato poiché la posizione dei singoli si sarebbe risolta con “assoluzioni, prescrizioni e sospensioni di condanna”. Eppure, a me risulta che la prescrizione si dichiara solo dopo che il giudice ha accertato che qualcuno ha sicuramente commesso un reato e che la sospensione di condanna, noi tecnici la chiamiamo sospensione della pena, è un beneficio che si concede, ovviamente, non all’innocente, ma alla persona che è stata condannata!