L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma su Francesco Di Mariano e riporta un’intervista all’illustre zio del calciatore, Totò Schillaci.
Dalle sue notti magiche alle certezze di Francesco Di Mariano, figlio della sorella Rosalia, primo “Schillaci” a rubare il sogno del celeberrimo zio, rimasto sempre nel cassetto, di vestire la maglia rosanero. «Gli auguro tanta fortuna, il talento non gli manca e ha già vinto due campionati di B» — è la benedizione di Schillaci -. «Qui potrebbe fare tris e in più entrare nella leggenda. Palermo è il mio desiderio irrealizzato, Kekko rappresenta il futuro, un altro pezzo della città che vuole farsi avanti».
La sua carriera, infatti, ha trovato una nuova svolta. In ritardo di un anno rispetto al campione azzurro che a venticinque anni passava dal Messina alla Juventus, l’esterno sedotto e abbandonato da Venezia e Lecce, dopo due promozioni, accarezza ora l’idea di completare la favola del bambino di Borgo Nuovo
che da grande voleva entrare nel calcio stellare. Casa Schillaci ha un altro picciotto per cui tifare, Francesco appunto, sostenuto da due simboli del calcio, compagni di squadra nella Juventus: uno cannoniere mondiale; l’altro, Corini, capitano e bandiera del periodo d’oro di Zamparini, palermitano di adozione.
Per il “Genio” non è certo una novità. Cinque anni fa, lo trovò nell’organico di un Novara che avrebbe guidato per pochi mesi (sostituito poi da Di Carlo, altro ex rosa): il ragazzo gli piacque tanto che alla prima occasione lo ha richiesto e ottenuto. Per il dopo Baldini cercava una punta esterna, dotata di dribbling e velocità, in grado di liberarsi dalla marcatura e di creare per Brunori. Un predestinato, Di Mariano, che quell’anno giocò una delle migliori partite passando al Barbera (0-2) nella giornata trionfale per il ritorno di Corini, davanti ad una tribù di parenti e amici, per un binomio che oggi si ricompone alla ricerca del decollo definitivo. Di Mariano e Corini, “amici e nemici”, si sarebbero incontrati nuovamente nel maggio 2021, stavolta da avversari: Di Mariano vince ancora ed Eugenio viene eliminato ai play off dal Venezia.
Il figlio di Rosy Schillaci non poteva che crescere al “Ribolla”, il nido creato da zio Totò. Sempre ex rosa nel suo percorso. «Quando era a Roma, dove lo aveva voluto Sabatini – ricorda Totò — gli diedi un consiglio: Non basta chiamarsi Francesco e avere il 10 sulle spalle per essere Totti. A Novara, Boscaglia lo utilizzava poco, non lo vedeva. Poi, ho parlato con Corini e mi ha confidato che questo giocatore creativo dalla tecnica straordinaria gli piaceva. Eugenio lo impiegava in diversi ruoli e lui rispondeva: così ha trovato posto e fiducia. L’allenatore lo conosce bene ed è l’uomo giusto, il ragazzo un professionista serio».
“Kekko” non è più il bambino che al Ribolla, nella scuola calcio di zio Totò, a 5 anni, era più bravo di quelli che ne avevano il doppio. «Non l’ho mai allenato, a 13 anni ha fatto le valigie, chiunque avrebbe capito che fiore stava nascendo. Non mi sono mai intromesso negli affari di famiglia. Ma il fatto che lo zio sia stato un grande campione non gli regala la gloria. Doveva dimostrare di valere e piuttosto bisognerebbe chiedere a Zanetti (esordio, assieme a Fiordilino, in A contro il Napoli nello stadio Maradona, poi la cessione, ndr) e Baroni perché non l’hanno confermato dopo la promozione, visto che è un elemento giovane e promettente. Francesco mi ha spiegato che a Lecce la porta si era chiusa. Ed io: “Perché non vieni a Palermo?”. La risposta: “Se mi danno un buon ingaggio nessun problema”». Detto, fatto. «Quest’anno la B è ancora più forte e uno come lui ci voleva. Qualcuno dice che l’ho portato io: non è vero, gli ho dato solo un consiglio. Non faccio il manager o il procuratore».