L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma su Meggiorini, finito in lacrime dopo aver ricevuto degli insulti da un calciatore del Lecce indirizzati alla propria madre.
Nel calcio, purtroppo, gli insulti in campo ci sono sempre stati. Le lacrime, per fortuna, no. Per questo l’immagine di mercoledì sera di Riccardo Meggiorini ha colpito tutti. Perché nei momenti di grande tensione, come nel finale di Lecce, dopo qualche spintone e accenni di rissa, una parolaccia può scappare. Stavolta non è caduta nel vuoto. Ha fatto male. E’ stata un’offesa a una madre che non c’è più. Zan Majer non lo sapeva, l’ha fatto perché in quei momenti si va oltre i limiti, ma non lo doveva fare e se ne è reso conto dopo, scusandosi. Il suo collega del Vicenza la madre l’ha persa nel 2017 e quando ha sentito quelle parole ha avuto una crisi di pianto in mezzo al campo. «Ma cosa c’entra mia madre» ha risposto Meggiorini. Tra i primi a consolarlo è stato Fabio Lucioni, capitano del Lecce, uno con il quale ha duellato più volte. Poi negli spogliatoi lo stesso Majer è andato a chiedergli scusa, e lui gli ha dato la mano, apprezzando il gesto. Anche Saverio Sticchi Damiani, presidente del Lecce, l’ha chiamato per ricomporre la vicenda. Che si è chiusa lì, ma ha fatto riflettere.
Meggiorini, lo sa che ci ha fatto commuovere? «E’ stata una serie forte di emozioni negative. E mi sono sfogato. Quelli del Lecce sono stati molto gentili, ho apprezzato, che la cosa si è subito chiusa lì».
Tra giocatori succedono ancora queste cose? «In campo in fondo ci si vuole bene, c’è rispetto. Poi nei momenti di tensione scappa qualcosa, l’importante è che finisca lì. Il calcio è fatto di persone perbene, a volte all’esterno c’è un’immagine negativa. Majer è un bravo ragazzo: magari si è fatto trasportare, ma non è giusto pensare male di lui. Anche a me scappa qualche parolaccia, ogni tanto, ma non così».
Come nel 2013, ai tempi del Toro, quando in un derby Pogba la accusò di avergli rivolto un insulto razzista. «In realtà era stato un semplice insulto, un’altra cosa che capita in campo e finisce lì. Infatti non ci sono state conseguenze».
Domenica con il Cittadella, dopo il gol numero 100 in carriera, aveva dedicato proprio a sua madre quel traguardo. E a Lecce aveva appena fatto 101. «Non avrei mai pensato di arrivarci, 100 gol sono tanti e tutti fatti in campionati importanti. Certo, c’è gente che ci mette di meno a farli, ma per me è stata una grande soddisfazione. Per questo ho pensato a mia madre, ai sacrifici che ha fatto quando ero piccolo: è un traguardo che ho voluto dedicare a lei».
Sua madre Roberta è scomparsa a 63 anni. «Eravamo in sei in famiglia, non potete immaginare cosa faceva per crescerci. E quando da ragazzino ho cominciato a giocare, lei faceva il mio pulmino e mi portava ovunque. Ed è sempre venuta a seguire le mie partite».
Chissà quante ne sentiva… «Una volta ero in ritiro con il Chievo, in estate. Un signore dalla tribuna durante un’amichevole con la Virtus Verona, nel silenzio generale, si è messo a gridare verso di me offendendo mia madre. E lei era in tribuna. Bruttissimo. Ho smesso di giocare e sono uscito dal campo».
Ai tempi del Chievo, dopo il caso Pogba, anche in una partita contro la Juventus, ha vissuto un momento del genere. «Sì, è successo poche settimane dopo il funerale, dalla curva mi hanno insultato. Ma ho tenuto un grosso magone dentro e basta, l’ho lasciato andare così».
Le curve sono peggio di chi sta in campo? «Negli stadi è così, sono cose che capitano: bisogna sempre avere grande rispetto, rendere più sano possibile l’ambiente. La cosa bella del calcio è il gioco, il resto non importa. Lo dico anche per i bambini che guardano le partite, gli esempi che devono avere da noi sono altri».
Ma i calciatori sono in grado di dare il buon esempio? «Noi quando siamo in campo abbiamo tanta tensione dentro, accumuliamo tutto durante la settimana, soprattutto in momenti come questi in cui una squadra sta andando male. E poi cerchiamo lo sfogo sul campo. La gente che vede la partita magari non sa cosa proviamo, e tenere sempre tutto dentro tutto non è facile».
In quelle lacrime di Lecce c’era anche la frustrazione per i risultati del Vicenza? In 19 partite, sono tante 15 sconfitte… «Sì, annate così sono particolarmente pesanti. La cosa che più ti appaga sono i risultati e qui non ci sono, purtroppo. Io sono già retrocesso con il Chievo, ma allora era stato diverso. Noi adesso cerchiamo ancora di raddrizzare la situazione, domenica sarà come una finale contro l’Alessandria. E’ una questione di testa, e in questi momenti conta soltanto quella».