L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma su Roberto Russo, protagonista azzurro nel volley campione del mondo.
Roberto Russo, 25 anni, da Partinico, sul tetto mondiale della pallavolo. Il ragazzo alto più di due metri, che fino a 15 anni giocava a calcio e faceva il difensore centrale nelle giovanili dell’Alcamo. Ieri è stato premiato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il giovane siciliano con la testa sulle spalle, che un giorno si è stancato nel calcio, ma non del pallone che non avrebbe più preso a calci verso la rete, ma spinto con le mani dall’altra parte. La favola di «uno su un milione», come lo definisce il suo primo allenatore Franco Lunetto, il primo che, al liceo scientifico “Santi Savarino” di Partinico, capì che Russo non era come gli altri. Anche se nella pallavolo entrava tardi rispetto al percorso di un normale professionista. Ma avrebbe bruciato le tappe: dalla serie D, vinta con i Lupi Partinico, al vertice della Superlega in serie A con la Sir Safety Umbria Volley di Perugia e dentro la nuova generazione nazionale di fenomeni.
«Non ho dormito la notte e ancora non ci credo e non riesco a rispondere a tutti i messaggi. La premiazione al Quirinale con Mattarella è stata un’emozione indescrivibile e adesso mi aspettano grandi festeggiamenti a casa mia, a Partinico», dice Roberto Russo, che ieri ha fatto in tempo a tornare nella sua Sicilia. Del resto è stata tutta una scalata velocissima la carriera del ragazzino che sognava il calcio e Ibrahimovic e seguiva il suo Palermo in curva con papà Giuseppe, e invece si è ritrovato nell’Olimpo della pallavolo. «Mio zio Claudio giocava a pallavolo e ho seguito le sue orme, quando ho capito che con il calcio mi volevo fermare – dice Russo – è stato un percorso pieno di sacrifici e mi ricordo ancora le trasferte a Enna e Caltanissetta con il coach Ivan Tamburello, una persona a cui devo molto, che ha creduto in me e mi accompagnava lontano da casa per farmi allenare in contesti più competitivi».
Si fa notare subito in campo, Roberto, che da adolescente debuttante vince il campionato di serie D con il suo Partinico nel 2014. E in pochi mesi fa incetta di selezioni regionali e provini. Fino a quel giorno di Vibo Valentia, in cui lo notano i tecnici federali e cambia tutto. «Lo avevo a co alla Calabria – racconta papà Giuseppe, amministrativo in un’azienda del Comune – Mi ricordo ancora quando mi chiamarono con il microfono: “il genitore di Roberto Russo è pregato di avvicinarsi al banco”. Ero
contento, ma anche preoccupato perché sapevo che sarebbe cambiato tutto e che mio figlio minorenne sarebbe partito». Roberto entra nella scuderia del Club Italia, una società che è proprietà della Federazione che alleva giovani talenti e con questa maglia gioca in B2, a volte in A2. Ma soprattutto conquista la nazionale giovanile. Fino alla svolta, nel 2018-2019, con l’ingaggio in A1 da parte della Porto Robur Costa di Ravenna, che gli spalanca le porte della nazionale maggiore. Ma anche della grande pallavolo, dove approda l’anno dopo, con il trasferimento nella Perugia dei campioni, tra cui il suo capitano e migliore giocatore del Mondiale Simone Giannelli.
«Vederlo trionfare a Katowice in quel contesto, in tv è stato commovente. Purtroppo non siamo riusciti a raggiungerlo perché non era semplice con i voli – dice papà Giuseppe – Siamo una famiglia normale, mia moglie lavora in Comune e abbiamo
altre due figlie. Roberto è il piccolo di casa, anche se è alto due metri e cinque centimetri, ma soprattutto è un ragazzo serio che ha sempre lottato per i suoi obiettivi e di cui sono orgoglioso come padre».