L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” riporta un’intervista ad Emanuele Terranova.
Il gladiatore biancorosso. L’effetto ottico è quasi cinematografico, come piace al presidente Luigi De Laurentiis. Perché Emanuele Terranova è accostabile, senza tanti voli pindarici, al “gladiatore” di Russell Crowe. Sul rettangolo verde, poi, azzera tutti gli eventuali dubbi. Lotta e, spesso, vince contro l’avversario di turno. Dà la carica ai compagni, è il giusto mix tra temperamento e mestiere, fa gol pur essendo un difensore di razza: ne ha collezionati 33 in oltre 300 presenze in Serie B, 22 in A e qualche spicciolo in C. Quel che conta, a 34 anni, è ancora pervaso dalla voglia di vincere. «Ho conquistato 4 promozioni – confida il difensore di Mazara del Vallo -, con Livorno, Lecce, Sassuolo e Frosinone. Sarebbe bello fare cinquina con il Bari. Tornare in Serie B. Sono venuto con quest’idea».
Ti senti un vincente?
«Per esserlo, devi dimostrarlo con i fatti. Non con le chiacchiere. Anche perché vincere non è mai semplice, in ogni categoria. Si devono combinare tanti piccoli, grandi particolari».
Qualche esempio?
«Innanzitutto, occorre remare tutti nella stessa direzione. Certo, chi gioca meno non può sentirsi appagato come quelli che hanno più spazio. Ecco perché bisogna saper gestire gli eventuali malumori. Un altro? Sbagliare il meno possibile».
Cioè?
«L’atteggiamento è determinante. Non si deve sbagliare il modo di lavorare in settimana, essere sempre intensi. In partita è lecito commettere un errore. L’importante è non sottovalutare mai il tuo avversario».
Dicono che lei sia un leader silenzioso. Vero?
«Quando c’è bisogno di farsi sentire, lo faccio. Sia in campo che fuori. Ma credo che sia più opportuno parlare sul campo, essere decisivo lì. A volte basta uno sguardo…».
Perché uno come Terranova non ha giocato più spesso in A?
«Ho una bella carriera alle spalle. Ho girato tanto. Ma non ho mai fatto il salto, forse per colpa mia. Nel 2012-13 segnai 11 gol in B col Sassuolo, capocannoniere con Pavoletti e Boakye. Era il mio momento. C’erano Inter, Napoli e Milan interessate. È andata, inutile ripensarci».
Dal Napoli sfumato al Bari l’estate scorsa. Era destino che, un giorno o l’altro, approdasse alla corte di un De Laurentiis.
«Strano, ma vero. A dirla tutta, però, Bari è sempre stata una piazza graditissima. Quale migliore occasione per rimettermi in gioco? Ora sono felice che i tifosi stiano apprezzando il mio rendimento e l’attaccamento alla maglia. La sento mia».
Proprio al Bari ha segnato un gol di pregevolissima fattura, in acrobazia, con il Sassuolo…
«Lo dico a malincuore, da biancorosso: il mio gol più bello».
Ma è possibile che uno come lei sia addirittura sceso in C?
«Facile che in questo momento sia un difensore di Serie C. Ma spero di esserlo solo per qualche altro mese. In ogni caso, in B ci sono calciatori importanti».
Chi è stato il suo allenatore più incisivo?
«Di Francesco. A Sassuolo ha dato un’impronta, idee nuove e mi ha lasciato tanto anche sul piano umano».
Terranova sarà allenatore?
«Non è un mestiere facile, non è semplice gestire tanti uomini. Ma mi sento ancora un calciatore, posso dare tanto. Al Bari, naturalmente. C’è da vincere la nostra corsa».
E nella vita di ogni giorno, quali sono i suoi alleati?
«Mio fratello maggiore, Nicola. Fa l’allenatore. E mio zio Vincenzo, come un padre. Mi ha seguito già da piccolo».
Terranova e i tatuaggi. È un piacere o una filosofia di vita?
«Ho quasi tutto il corpo pieno di tatuaggi. Ognuno ha il suo significato. Simboli o persone che voglio ricordare. Ho voluto imprimere sulla mia pelle anche la data della morte di mio padre. Credo nel valore dei tatuaggi».