Il Palermitano Compagno ha conquistato la Romania, ha segnato 24 reti: «Sono un giramondo, ho battuto Immobile»
L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sul palermitano Compagno che sta diventando una stella in Romania.
Chissà se alla fine ha concluso la partita. Piedi incrociati, joystick in mano, sguardo fisso sulla televisione, stanza buia perché fa atmosfera. Andrea Compagno, punta ventiseienne del Craiova, miglior marcatore italiano del 2022 con 24 gol, si sta rilassando davanti alla Playstation. Sembra l’inizio di un pomeriggio di relax, ma è un’illusione: «A un certo punto l’IPhone iniziò a vibrare». Una notifica dietro l’altra. Così Andrea posa il controller con fare seccato e afferra il cellulare. «Complimenti». «Te lo meriti». «Un grande salto, sono fiero di te». Lui che nel 2018 giochicchiava alla Nuorese in Serie D, e prima ancora aveva faticato in giro per l’Italia tra Borgosesia, Pinerolo, Due Torri e Argentina. A quel punto Andrea capisce: il Craiova, il club che l’ha preso a parametro zero nel 2020, l’ha ceduto alla Steaua, la squadra più importante di Romania con cui ha già segnato 10 gol. Un palermitano nella “Parigi dell’Est”, nel club che fu di Hagi: «Far parte di un club che ha vinto la Coppa dei Campioni è un orgoglio», ribadisce Andrea. Il tutto da una stanza d’albergo di Pitesti, la città della Dacia. Oggi giocano contro l’Arges e la squadra è in ritiro. La Steaua è quarta con 48 punti e insegue il Farul Costanza capolista. Compagno, intanto, sogna.
Dalla Serie D all’Europa, un bel salto di categoria.
«Quando penso a dove sono ora mi vengono in mente le annate toste nei dilettanti, quando guadagnavo 400 al mese e andavo a fare la spesa con la calcolatrice in mano, per non spendere troppo. Io sono cresciuto a Palermo, ho giocato nel settore giovanile rosanero e poi nel Catania. Nel 2015, a 19 anni, sono partito per inseguire il mio sogno. Ero a mille chilometri da casa».
Nel 2022 ha segnato più di Immobile: che effetto fa?
«L’ho scoperto all’ultimo! Non ci ho mai fatto caso, sono sincero. Del resto, Ciro è un idolo. È una medaglia che porto sul petto, ma fa parte del passato».
Parliamo del presente. In Romania la chiamano “Matador”.
«È nato ai tempi del Craiova, una sfida vinta dopo 40 gol in due stagioni a San Marino. Un altro livello, certo. Fisicamente somiglio a Cavani, è vero. Gioco con la fascetta, porto i capelli lunghi, e poi sto lì davanti come lui. Anche questo è un motivo di orgoglio».
A proposito di famiglia. Papà Rosario è stato allenato da Zeman a Licata. Le ha dato qualche calcio quando la marcava?
«Ovviamente. Oltre ad avermi allenato, è stato anche il mio idolo. Il seminterrato di casa era un campetto con una striscia di erba sintetica. Ci allenavamo lì, e per me era come giocare in uno stadio. Vedevo quel campo e sognavo il Meazza o l’Olimpico».
Come mai in Italia non è riuscito a imporsi?
«Per diversi anni ho avuto problemi alla cartilagine del ginocchio. Non è una giustificazione, ma non riuscivo a dare il 100%. Ora sono rinato. Sentivo che il calcio sarebbe stato il mio futuro, e ora voglio godermela. Cavalcare l’onda fino alla fine del tubo».
Ma a un ritorno pensa mai?
«Il mio sogno resta la A. E vincere il campionato con la Steaua. Mai accontentarsi. Me l’ha insegnato la vita»