Il gigante Lucca chiama Ibra: «Zlatan è il top: studio, lo copio e sono più alto»
L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma su Lorenzo Lucca e pubblica una sua lunga intervista in cui parlato del momento che sta vivendo e non solo.
Nonostante occupino gli estremi opposti del campo, lui centravanti, il suo predecessore difensore centrale, a Pisa si dicono convinti che Lorenzo Lucca ripeterà la carriera di Leonardo Bonucci, che pure è passato da queste parti. Stessa fame, uguali ambizioni, medesima fiducia nelle proprie capacità. E nessuno si azzardi a parlare di arroganza: in quelli bravi, la falsa modestia sconfina troppo spesso nell’ipocrisia. E Lucca tutto sembra, tranne che ipocrita: «Anche adesso che gli altri si sono accorti di me, io resto quello di sempre: uno che dice le cose in faccia».
Sei gol nelle prime sette giornate di campionato: al di là delle sue qualità, il Pisa gioca per lei?
«No. Al Pisa tutti giocano per tutti. Pensiamo come squadra, non come singoli. Sono stato convintissimo fin da subito di venire qua, perché mi avevano detto che c’era un gruppo di giocatori unito, nello spogliatoio prima ancora che in campo. Certo che mister D’Angelo, col suo calcio, mi aiuta: succede che in una partita non si creino tante occasioni, quindi devi essere bravo a procurartele tu, come sono riuscito a fare io sabato scorso contro la Reggina, riuscendo a conquistarmi un rigore. Ma diciamo che, in genere, il Pisa riesce sempre a creare qualche occasione in più degli avversari».
Resta il fatto che C e B non sono la stessa cosa, e non soltanto perché è diversa la lettera dell’alfabeto che identifica la categoria.
«Di sicuro in B la cifra tecnica è più alta. Atleticamente non c’è tanta differenza, a cambiare è soprattutto la velocità di pensiero e, di conseguenza, delle giocate. Questo non vuol dire che la Serie B sia complessivamente più difficile: in C gli spazi sono più stretti e volano calcioni appena ti giri verso la porta. Per me era molto più complicato, eppure nella passata stagione ho segnato 14 gol. E sarebbero stati di più se non avessi preso il Covid. Ora però ho più spazi per giocare. Posso girare per il campo, andare dove voglio».
Allora in A sarà pure meglio, perché gli spazi saranno ancora più larghi.
«Non è detto: in A, negli ultimi 25 metri di campo fino alla porta avversaria, devi essere forte-forte per giocare».
A proposito: chi erano i suoi modelli da bambino?
«Papà mi riempiva di videocassette di grandi centravanti: Ibrahimovic e Trezeguet soprattutto».
Oggi chi sono i tre più forti?
«Ancora Ibra, per me il più forte in assoluto nella storia del calcio, almeno per quelli che visto io. Poi metto Dzeko e Lewandowski… Anzi no, Haaland è meglio».
Ibra le piace perché?
«Sono alto come lui, anche un po’ di più, quindi cerco di imitarlo. Ne studio i movimenti, le giocate, e provo a ripeterli. Come Zlatan, anch’io sono agile e bravo in acrobazia nonostante la statura».
Un difetto?
«Devo imparare a stare sempre in partita. Ogni tanto mi distraggo, non mi arriva la palla e mi spengo».