Il Fatto Quotidiano: “Plusvalenze, la stretta a buoi scappati”
L’edizione odierna de “Il Fatto Quotidiano” si sofferma sulla stretta sulle plusvalenze.
Se non possiamo vietarle, almeno rendiamole meno vantaggiose. Anche il governo entra a gamba tesa sullo scandalo plusvalenze che ha spaccato a
metà l’Italia del pallone, tra i tifosi della Juve in sommossa per la penalizzazione al motto di “così fan tu i ”, e gli avversari che vorrebbero una punizione ancor più esemplare. Ci prova facendo leva sull’unica arma a disposizione dello Stato, la tassazione: in futuro le imposte sul guadagno da questi scambi andranno pagate subito. Sono anni che si parla di una riforma per fermare questo mercato delle vacche. La FederCalcio di recente ha introdotto qualche paletto relativo agli indicatori che controllano i conti delle società, poca cosa, e ora il presidente Gravina è costretto a osservare gli sviluppi dell’inchiesta. Il ministro dello Sport, Andrea Abodi, continua a dispensare massime donabbondiane, nonostante dagli atti della giustizia sportiva e ordinaria siano emersi fatti gravissimi a carico della Juventus. Un segnale arriva dal ministero dell’Economia di Giancarlo Giorgetti, che punta a stringere le maglie sugli scambi senza denaro, cioè proprio quelli finiti nel mirino della Procura negli ultimi mesi.
IL PROBLEMA delle plusvalenze è che sono un istituto del codice civile, quindi non si possono abolire, né tantomeno legare a dei valori oggettivi che non esistono nel calcio. Ed è quello che ha permesso gli affari gonfiati di Rovella, Pjanic&C., tanto per citare alcuni esempi finiti nelle carte giudiziarie. Come tutti i guadagni, anche la plusvalenza è soggetta a tassazione e la regola generale prevede che ai fini della formazione del reddito è possibile spalmarla fino a un massimo di 5 anni. È su questo che interverrà il governo. Negli scambi a specchio dove non c’è passaggio di denaro, appunto le cosiddette “plusvalenze fittizie”, le tasse si pagheranno tutte nell’anno in cui vengono realizzate. Inoltre, la rateizzazione sarà riconosciuta solo ai beni posseduti da almeno tre anni, per limitare lo scambio di calciatori come figurine.
L’emendamento è stato presentato nel decreto Mille proroghe e rischia di essere cassato per inammissibilità (non è una proroga), ma il governo ha già fatto sapere di essere pronto a riproporlo in un altro provvedimento. Non è questo il punto, ma l’efficacia. Considerando l’aliquota al 12,5%, parliamo di piccole cifre: 1,25 milioni su una plusvalenza di 10. Se i soldi delle plusvalenze fittizie sono virtuali, però, per pagare le tasse ci vuole cassa vera. In teoria, è un vantaggio per lo Stato, che incassa subito, una penalizzazione per i club, a cui la plusvalenza risulta meno conveniente. Il problema è che la tassazione si applica solo se c’è un guadagno, mentre la maggior parte delle squadre di Serie A sono in rosso. Per molti, insomma, non cambierà nulla: continueranno a iscrivere subito l’intera plusvalenza a bilancio per mascherare le perdite, con buona pace del nuovo regime fiscale. Così il provvedimento rischia di rivelarsi un pannicello caldo, ma era il massimo che si potesse fare su una materia così complicata. Semmai, l’effetto dissuasore su cui punta il governo è che d’ora in poi tutti i trasferimenti finiranno sotto la lente dello Stato, scoraggiando le operazioni più spericolate. È solo un tentativo di provare a chiudere i cancelli della stalla. Senza nemmeno il lucchetto, quando i buoi sono già scappati da un pezzo.