L’edizione online de “Il Fatto Quotidiano” si sofferma sul Como in serie A con uno stadio fatiscente.
Il Sinigaglia è come un chiodo arrugginito piantato in una tela di grande valore artistico. Visto da lontano il chiodo si nota poco, così come una visuale aerea restituisce un luogo di indubbio fascino, tra l’hangar degli idrovolanti, le barche ormeggiate sul molo, il Tempio Voltiano e le ville sullo sfondo. Ma, una volta arrivati nei pressi dell’impianto, il biglietto da visita non è dei migliori, tra mura scrostate, cancelli arrugginiti, una curva posticcia fatta di tubolari metallici.
Uno stadio fatiscente che cozza con qualsiasi concezione di Serie A, intesa come massimo livello del calcio italiano, e ancora di più con quella che è la mission della proprietà indonesiana dei fratelli Hartono, ossia un modello gestionale economicamente sostenibile di una società calcistica, integrato con il territorio e le realtà locali. Una proprietà che fino a oggi si è dimostrata seria e pienamente affidabile, essendo riuscita a dotare il Como di una struttura operativa e organizzativa da Serie A, ottenendo risultati notevoli sia sotto il profilo sportivo che sotto quello commerciale.
La questione stadio rappresenta una spina nel fianco per moltissime proprietà di club italiani, e per Como il Sinigaglia rappresenta l’unica, autentica minaccia che potrebbe, nel medio periodo, logorare la famiglia Hartono, zavorrando i loro progetti di crescita del club. Non è colpa loro l’aver ereditato un impianto di un’altra epoca, né una società dalla storia recente piuttosto travagliata, con tre fallimenti societari nel nuovo millennio che di certo non hanno potuto andare oltre – quando andava bene – una politica di rappezzamento provvisorio dello stadio. Lo stato attuale delle cose parla di una capienza di soli 7.500 spettatori, cifra lontana dai 12.000 richiesti come numero minimo dalla Serie A.
Il primo obiettivo resta però quello di raggiungere i 10.500 posti necessari per ottenere una deroga annuale, subordinata alla presentazione di un piano con precise tempistiche di completamento dei lavori che deve essere consegnato entro il 4 giugno. Allo stesso tempo, il Como deve anche indicare l’eventuale stadio alternativo qualora i lavori per sistemare il Sinigaglia non dovessero terminare in tempo utile. La soluzione più comoda sarebbe Lugano, ma giocare in un altro paese è impraticabile.